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Matteo Picchio

Prima di essere uno yacht designer, Matteo Picchio è uno yachtsman d’altri tempi.

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Laureato in architettura al Politecnico di Milano, ama le barche per quello che rappresentano, per la loro storia e il loro fascino, a prescindere dal loro valore. Oggi che è un architetto e un designer affermato potrebbe permettersi barche di un certo prestigio, ma il suo cuore è ancora legato a Raireva, un ketch oceanico firmato da Carlo Sciarrelli e costruito nel 1972, che durante l’università restaurò pezzo per pezzo e sul quale incentrò anche la sua tesi di laurea.

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Ha un rapporto così forte con questa barca che l’ha eletta a sua dimora genovese. «Ci vivo tre o quattro giorni la settimana», spiega, «e non mi verrebbe mai in mente di tradirla con un appartamento o un albergo. Del resto quando si parla di barche io divento un feticista. Non dico che ne faccio collezione, ma quasi.

Con le barche ho un rapporto emotivo molto forte, ho cominciato con il Dinghy 12 piedi che mio nonno aveva comprato per mio papà, poi ho proseguito con Raireva ed è per questo che preferisco progettare il refitting di barche d’epoca piuttosto che scafi nuovi». In più sono stato imbarcato sull’Amerigo Vespucci per una traversata atlantica». La ciliegina sulla torta di una carriera che è nata tra vecchi fasciami e l’odore del legno e che difficilmente avrebbe potuto svilupparsi diversamente. Il suo studio è ormai uno dei pochi rimasti in Italia a occuparsi proprio di questo filone della progettazione.

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La base operativa è a Milano, dove è coadiuvato da quattro collaboratori; ma ha sedi anche a Genova e a New York perché la maggior parte dei suoi clienti sono italiani o statunitensi.

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I suoi progetti più famosi sono tutti legati a bellissime barche d’epoca. Dal pluricelebrato rimorchiatore Maria Teresa del 1962 al Riva Caravelle C5 del 1967, progettato dagli omonimi cantieri di Sarnico e costruito in Olanda da De Vries; fino all’affascinante Sea Home, una navetta disegnata e costruita dallo svedese Hugo Shubert nel 1919 e riportata a nuova vita dopo un lungo lavoro di refitting che ha comportato anche l’eliminazione di molti interventi fatti nel corso degli anni e non in linea con i suoi piani originali. Tutte e tre queste barche sono state seguite dai Cantieri Navali di Sestri. Peri, invece, è un 30 metri refittato tempo fa nei Cantieri Amico&Co di Genova.

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«Progettare spesso significa togliere, eliminare tutto ciò che non serve o che non è in linea con quel progetto», spiega ancora Picchio. «Un principio che non è sempre facile far capire al committente. Il nostro lavoro è molto cambiato negli ultimi decenni. Saper disegnare non basta più, ormai ci sono i computer che lo fanno al posto nostro e noi dobbiamo prima di tutto fare un grosso sforzo per capire quali sono i reali desideri del cliente». Picchio non lo dice, ma il passo successivo è condurre i committenti verso la retta via, convincendoli a optare per restauri conservativi che non snaturino l’anima della barca o, nel caso di scafi nuovi, a rinunciare a orpelli inutili a favore di linee più eleganti.

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«Chi viene da me ha già fatto la scelta più importante», spiega il designer, «perché di solito si tende a scegliere progettisti di cui si apprezzano i lavori, ma l’empatia che riesco a instaurare con i miei clienti è evidente nel risultato finale. Non starò a fare classifiche, ovviamente, ma non esito a dire che la maggior parte dei lavori migliori sono quelli di clienti diventati poi amici», conclude.

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Tra le barche progettate ex novo (poche a dire il vero) ce n’è una, l’MP100, che è un 30 metri a vela e ha alle spalle un’idea davvero interessante legata al risparmio dei costi (vedi TYD 06) di produzione e che farà probabilmente parlare di sé nei prossimi mesi.

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Matteo Picchio però non si occupa solo di barche, ma anche di residenziale: progetta case, loft e ville. Tutto quello che ritiene interessante.

«Amo le barche ma devo essere onesto: mi diverto di più a progettare case perché non sono vincolate dai limiti imposti dalla forma e dalla funzione che uno scafo che deve navigare necessariamente ha. Nel residenziale la creatività ha modo di esprimersi al meglio, mentre nella nautica il lavoro del progettista è costretto da forme e da necessità tecniche che, anche se innovative, restano sempre quelle. O forse preferisco il residenziale perché amo talmente tanto le barche che metterci mano mi costa sempre un’enorme fatica emotiva».

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Ma le barche, inutile negarlo, sono insite nel suo dna, tanto che in molte delle abitazioni che progetta porta sempre qualcosa che ruba al mondo della nautica.

Perché a casa, senza un po’ del fascino nautico, per Matteo Picchio non si riesce a stare.

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