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Tommaso Spadolini: La forza della creativitá

Una famiglia di architetti alle spalle, la profonda conoscenza del mare e dei segreti delle barche, uniti ad un personalissimo estro creativo. Questi gli ingredienti del successo di Tommaso Spadolini e del suo studio di design.

Il panorama delle colline fiorentine tutt’attorno ci incanta e ci ripaga del viaggio. E la giornata, radiosa, calda, ma ventilata, funge da ideale cornice. Saliamo ancora un po’ più su in collina, sempre più avvinti da un inatteso senso di benessere, prodotto dei colori accesi e dei profumi intensi della macchia mediterranea. Eppure la città di Firenze è proprio qui sotto, a 5 minuti di auto o poco più. Eccoci infine a destinazione. Immersa nel verde, circondata da pace e silenzio, si estende la tenuta della famiglia Spadolini. In una dependance ristrutturata con ogni comfort e tecnologia e che oltretutto gode di una vista mozzafiato, ha sede il Design Studio Spadolini. Un luogo insolito per trovare uno studio di design, diremmo, ma forse già per questo originale. Così come sono originali, perché caratterizzati da una cifra stilistica personale ed inconfondibile, i tanti progetti firmati dall’Architetto Tommaso Spadolini e dai suoi preziosi collaboratori, tra i quali il nipote Bernardo Papetti. Un numero davvero ingente di imbarcazioni, essenzialmente a motore, progettate per cantieri di fama internazionale, quali Alalunga, Apreamare, Baglietto, Canados, Cantieri Navali Rossi, Castagnola, Drettmann, solo per citarne alcuni. Autentici gioielli del mare che proprio qui, sulle colline fiorentine, lontani dal mare, prendono forma. Scopriamo come.

Architetto Spadolini, come nasce la sua passione per il mare?
Potrei addirittura indicare l’anno preciso, il 1959. Fu allora che mio padre acquistò un gozzo sorrentino di 9 metri ed io, pure se ultimo di 5 figli, fui tra i primi a saltarvi sopra. Un amore per il mare nato dunque molto presto e mai abbandonato, soprattutto se parliamo di barche a vela. Di recente oltretutto mi sono comprato un Baltic, che nonostante i suoi anni mi sta dando grandi soddisfazioni. Ed in effetti l’andar per mare, specie se con la vela, ti insegna molte cose. Il rispetto per l’elemento marino in primis, e, poi, il contatto con la natura, il diverso rapportarsi con il tempo che in barca assume inevitabilmente un’altra dimensione.

Quando ha scoperto la sua vocazione di designer nautico?
Il mio vissuto familiare parla da sempre il linguaggio della progettazione. Mio padre, Pier Luigi, architetto, a partire dagli anni ’60 è stato autore di diversi progetti di imbarcazioni, tra i quali la celebre serie Akhir dei Cantieri di Pisa, emblematica di un modo nuovo di pensare forme e funzioni per la nautica da diporto. In quegli anni, ricordo, il sabato e la domenica seguivo mio padre ai Cantieri e lo ammiravo disegnare sempre rigorosamente a mano e con i vecchi strumenti di una volta. Ecco, forse a quel tempo in me è scattato qualcosa. In seguito mi sono laureato in architettura, ma ho praticamente sempre disegnato soltanto barche, fatta eccezione per qualche sporadico progetto di edilizia residenziale, di solito per conto di clienti che già mi conoscevano come designer di yacht.

Quale è il suo personale approccio ad un progetto?
Il disegno è alla base di tutto. Personalmente disegno sempre a mano nella convinzione personale che sia l’unico modo per trasmettere di un’idea il contenuto emozionale, la sua anima. Trovo inoltre una particolare soddisfazione ad utilizzare strumenti quali il tecnigrafo, righe, squadre, la carta lucida, la gomma pane. E nonostante la mia postazione di lavoro sia qui, tra le pareti dello studio, disegno parecchio anche a casa. Oppure quando sono in viaggio, sia per lavoro che per diletto. Mi piace buttare giù le idee che mi vengono proprio nel momento in cui mi vengono, indipendentemente dal luogo in cui mi trovo. Questo perché sono convinto di una cosa: se hai un’idea in testa alla quale credi e per la quale sei pronto a batterti, non devi accantonarla, ma svilupparla. Una volta che hai fissato un’idea, se questa è buona stai sicuro che prima o poi ti torna utile. Da lì infatti puoi sempre attingere. E’ come un salvadanaio. Per questo tengo sempre una archivio cartaceo. Ho ancora disegni di anni ed anni fa, per me di una bellezza indescrivibile, fatti magari ancora col carboncino. La cultura del disegno è ormai quasi del tutto superata, purtroppo.
Dunque, dicevo, il primo passo è rappresentato da schizzi e contro-schizzi. Poi perfeziono i disegni, li sistemo e, successivamente, li passo al mio staff, Bernardo in primis, che li elaborano con i vari programmi di computer grafica. Un passo oggi indispensabile, dato che è impensabile presentarsi al committente o ad una gara di appalto con i disegni a mano. Personalmente poi costruisco e curo tutti i modellini delle barche. Con il modellino il cliente tocca la barca, la sente ed è come se si vedesse già a bordo. E inoltre, cosa fondamentale, il modellino, ti permette di vedere davvero come rendono le masse del design, riesci a renderti conto delle masse, degli spazi e ad andare a fondo al discorso di cosa mettere e dove. Alcuni modellini poi li faccio solo per diletto anche se non riguardano alcun progetto specifico.

Architetto, è possibile individuare una cifra stilistica propria del suo studio? E nel caso, quali ne sono gli elementi fondanti?
Linee pulite, essenziali, sobrie. Chi viene da me sa che troverà qualcosa di classico. Un classico comunque moderno. Non si pensi a niente di eccessivamente retrò. Mi riferisco ad un insieme armonioso ed equilibrato, in grado di durare nel tempo, di non stufare mai. Per me definire il design di una barca in due parole è: pochi elementi, ma ben chiari. Difficilmente barche progettate dal nostro studio vedranno, ad esempio, grandi finestrature a scafo, dove la parte funzionale è eccessivamente sacrificata a quella estetica. Ciò non vuol dire che io non sia aperto a mediare con armatori e committenti per trovare il giusto compromesso.Negli anni mi sono anche specializzato in realizzazioni di interni ed arredi, sempre in uno stile classico-moderno con un occhio di riguardo allo spirito di marinità. Infatti, ancora grazie agli insegnamenti di mio padre ed al fatto che mi ha portato in barca sin da bambino, so perfettamente cosa vuol dire muoversi a bordo di una barca anche in condizioni di tempo cattivo. E quindi so quello che ci vuole e dove ci vuole: dalla sistemazione di un corridoio, all’attenzione agli spigoli, al posizionamento di un lavandino o di un frigorifero. La cultura del mare, è questo uno dei punti che differenzia chi progetta barche da chi le barche prima di progettarle le conosce perchè le ha vissute (o le vive tuttora) in prima persona. Discorso particolare è poi quello legato ai materiali. Siamo tra i pochi che possiamo vantare ancora oggi progetti di barche a motore in legno. Infatti proprio di recente abbiamo assistito al varo di due nostri motoscafi plananti di 32 mt in legno. Personalmente infatti nutro una sorta di sacro rispetto verso il materiale nobile per antonomasia nel settore nautico. Tenere viva questa tradizione non ci impedisce naturalmente di utilizzare principalmente materiali attuali e tecnologici come il carbonio, l’acciaio, i compositi. Ma la passione per il legno rimane iscritta nel DNA del nostro studio.

Ottimizzazione ed ergonomia degli spazi, sia esterni che interni. Cosa ci può dire in merito?
L’organizzazione degli spazi dipende dal tipo di barca e dal tipo di fruizione. In tutti i casi, che si tratti di open o fly, nella cultura marittima mediterranea è prioritario dedicare spazi alla privacy ad al comfort dell’armatore. Personalmente immagino spazi prendisole intelligenti ed attrezzati per un open, zona superiore attrezzata con piscina, tavolo, sedute e tenda sole, per il fly. E ciò a differenza ad esempio di progetti di barche americane dove invece c’è più la filosofia dei salotti o delle verande chiuse con aria condizionata. In generale comunque penso che si debba dedicare sempre più spazio alla convivialità di bordo. Questo può avvenire unendo pozzetto con salone interno per creare una continuità tra esterno ed interno. Continuità spaziale che in passato non c’era e alla cui riuscita è funzionale anche l’impiego, dove possibile, degli stessi materiali. Io poi sono un convinto sostenitore, almeno da una certa dimensione in poi, di progetti di barca a tutta larghezza (wide body), ad esempio guadagnando spazi per il salone interno con l’eliminazione dei corridoi laterali esterni, sostituiti da scalette da poppa.

Cosa le viene in mente quando osserva una barca progettata da qualcun altro?
Devo dire di avere una cultura fotografica sorprendente. Fisso subito un’immagine e i relativi particolari. Ma non esprimo mai un giudizio riguardo il lavoro svolto da un altro progettista, specie se non sono a conoscenza delle condizioni alle quali ha lavorato e a quali richieste ha dovuto eventualmente attenersi. Io non critico quasi mai. Piuttosto cerco di apprendere e conoscere quello che c’è sul mercato.

 

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