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A salvaguardia del mare: i Rolex Awards for entreprise

Bisogna essere dei visionari. Pensare fuori dagli schemi. Avere il coraggio di osare. Uscire dall’omologazione. Lo sa bene Rolex. È stato il suo approccio, sin dall’inizio. Una filosofia che ha permesso alla casa di Ginevra di conseguire oltre 500 brevetti lasciando così un segno indelebile nel mondo dell’orologeria. Basti solo pensare alla cassa Oyster pensata per proteggere l’orologio dalle infiltrazioni d’acqua. 
“Nessun sistema però si dimostrò completamente efficace fino al 1926 quando la Rolex brevettò un tipo affidabile di corona a vite: era nato il modello Oyster, impermeabile e consacrato dall’impresa di Mercedes Gleitze che con l’orologio al collo nuotò per 10 ore nel Canale della Manica. Cinque anni dopo una seconda pietra miliare: sempre la Rolex, infatti, presentò il suo movimento automatico che, abbinato a una cassa Oyster, rendeva l’orologio ancora più ermetico in quanto riduceva le operazioni di carica e così la corona a vite veniva stressata di meno” così scriveva in un suo articolo Giampiero Negretti nell’articolo apparso sul primo numero di Sea Time. 

The Maxi Yacht Rolex Cup

Da quel momento in poi la corsa di Rolex fu inarrestabile. La natura si rivelò un formidabile alleato e uno straordinario banco di prova per studiare nuove soluzioni al fine di rendere i propri segnatempo sempre più affidabili e precisi in tutte le condizioni, anche quelle più estreme. A distanza di tanti anni Rolex continua a guardare alla natura ma con occhi diversi. Da laboratorio di ricerca oggi è diventata un bene da tutelare, preservare, conservare. Da qui l’idea d’istituire, nel 2019, Perpetual Planet, un’iniziativa nata con l’obiettivo di sostenere le organizzazioni, e tutti coloro i quali attraverso la scienza s’impegnano a trovare soluzioni per fronteggiare la questione ambientale. 

Oyster Perpetual Yacht-Master 42

Tra questi figurano anche i vincitori dei Rolex Awards for Enterprise che, insieme al programma Mission Blue di Sylvia Earle, formano uno dei tre pilastri dell’iniziativa Perpetual Planet. «Rolex è da tempo consapevole della propria responsabilità: dare il proprio contributo alla creazione di un pianeta sostenibile, un pianeta perpetuo», ha dichiarato Arnaud Boetsch, Direttore Comunicazione e Immagine di Rolex. «Più che avventurarsi nell’ignoto e scoprire terre inesplorate, la nuova generazione di esploratori è impegnata a proteggere il pianeta. I cinque vincitori sono il tipico esempio di questi guardiani del futuro». 
Tra i premiati del 2021 figura anche il nome di Luiz Rocha, il cui impegno e dedizione sono rivolti a tutelare e proteggere le barriere coralline dell’Oceano Indiano. 

Luiz Rocha vincitore dei Rolex Awards 2021 grazie al suo lavoro di esplorazione delle barriere coralline.

Situate a grandi profondità oggi sono in buona parteancora sconosciute e sempre più minacciate dall’inquinamento. Per questo motivo Rocha si è trasferito alle Maldive che sono diventate la base operativa per le sue spedizioni esplorative. Lo scienziato brasiliano ha all’attivo più di 6 mila ore sott’acqua e ha partecipato a oltre 70 spedizioni scientifiche. Una vita, come lui stesso ammette, dedicata al mare e per il mare. «Quando ho deciso di diventare biologo avevo cinque o sei anni. L’oceano mi ha sempre attratto e amavo osservarne la vita marina», dichiara Rocha. Una vita che sotto la superficie del mare non smette mai di stupire. Studi recenti hanno dimostrato che nell’Oceano Pacifico si scoprono fino a 10 nuove specie per ogni ora di esplorazione delle barriere in acque profonde, detti anche ecosistemi corallini mesofotici ovvero che ricevono poca luce. Obiettivo di Rocha è portare “alla luce” la presenza di forme di vita ancora sconosciute anche nell’Oceano Indiano. 

Uno squalo in mezzo a un branco di sardine

«Anche se nessuno le ha viste prima, sappiamo che ci sono», afferma lo studioso brasiliano. Il progetto, che gode dell’appoggio del Ministero della pesca delle Maldive, prevede tre spedizioni nell’arco di due anni. A una prima lettura possono sembrare poche, ma il livello di complessità delle missioni è tale al punto da richiedere, a monte, un grande lavoro di preparazione. Si tratta di un vero e proprio lavoro di ricerca volto a individuare l’esistenza di barriere finora non contemplate in nessuna mappa. 
Non basta. L’esplorazione avverrà a profondità elevate e questo complica ulteriormente il tutto. Da qui la necessità di far ricorso ad apparecchiature avanzate, come i rebreather, che riciclano il gas espirato dai subacquei dopo averlo filtrato dall’anidride carbonica. Tanto impegno si giustifica alla luce della posta in gioco. Le barriere coralline, comprese quelle di superficie, sono tra gli ecosistemi più ricchi di biodiversità del pianeta e da esse dipende quasi il 25 per cento di tutta la vita marina almeno in una delle fasi del loro ciclo vitale. Una vita che oggi è sempre più minacciata dalla pesca intensiva, dalle microplastiche e dal riscaldamento degli oceani. E di tempo non ce n’è più. 

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