Comunque andrà a finire l’edizione n.37 della Coppa America passerà alla storia come quella che ha visto il ritorno sulla scena di Alinghi, questa volta nei panni di sfidante. L’annuncio era nell’aria già da qualche tempo ma l’ufficializzazione è arrivata a fine 2021 ovvero 11 anni dopo quell’edizione nella quale il team elvetico si misurò in un duello contro Oracle Team Usa.
La presenza di Ernesto Bertarelli nell’America’s Cup si attendeva da anni e di per sé non rappresenta una notizia. Ma se vogliamo proprio dirla tutta è grazie anche a lui se è stato avviato quel processo di trasformazione che ha dato una significativa ventata di innovazione a questa competizione.
Ernesto Bertarelli e Alinghi
A mio avviso c’è un filo sottile che lega Alinghi 5, il catamarano di 90 piedi con il quale nel 2010 Bertarelli cercò invano di difendere la Coppa America, agli AC 75 di oggi. Certo, si potrebbe obiettare che i foil all’epoca non erano ancora all’orizzonte, ma di sicuro l’esperienza maturata in quell’edizione ha permesso di allargare i confini dell’immaginazione permettendo di piantare il seme per far nascere una nuova generazione di multiscafi, gli AC 72, protagonisti dell’edizione disputata nel 2013 a San Francisco.
E oggi il binomio Alinghi e Red Bull Racing promette bene in virtù anche del trionfo all’ultimo mondiale di Formula Uno. Ma prima di scendere nuovamente nell’arena dell’America’s Cup, Ernesto Bertarelli non è rimasto con le mani in mano. Al contrario, come ci ha raccontato in questa intervista esclusiva, non solo ha continuato a regatare ma ha perfino dato vita ai TF35, una classe di catamarani di ultima generazione dotati di foil. Sì, perché tra i punti fermi della visione della vela di Bertarelli il tema delle prestazioni resta un requisito imprescindibile.
Com’è nata l’idea di dare vita alla classe TF35?
Tutto ha avuto inizio dall’esperienza maturata con i D35 (Decision 35, classe di catamarani ndr). Dopo 16 anni di regate con queste imbarcazioni era giunto il momento di cambiare. Inoltre l’ingresso sulla scena dei foil ha accelerato il processo decisionale. Così insieme ad alcuni armatori amici che gareggiavano con i D35 abbiamo deciso di rinnovare, introducendo qualcosa di ancora più avanzato. Credo che l’obiettivo sia stato raggiunto. I TF35 hanno dimensioni contenute e budget gestibili, mentre sul piano delle prestazioni sono gli unici, insieme agli F50 e agli AC 75, che navigano in modalità foil anche di bolina. Sul piano dei risultati poi hanno dimostrato il loro valore vincendo regate complesse e con arie leggere come il Bol d’Or.
Dal punto di vista progettuale com’è stata messa a punto la formula TF35?
Il concept, inteso in senso generale, nasce da una nostra visione. Una volta definita la piattaforma abbiamo poi deciso di avvalerci delle competenze di figure professionali di altissimo livello, alcune delle quali come Luc du Bois e Dirk Kramers con esperienze anche in Coppa America sin dai tempi di Alinghi.
Il suo impegno nella vela guarda anche nella direzione dei giovani cercando di avvicinarli a questa disciplina?
È stato un processo direi molto naturale. Dopo la vittoria di Alinghi in Coppa America la vela è diventata molto popolare in Svizzera. In oltre 20 anni di attività, grazie anche al nostro impegno nel mondo delle competizioni veliche, la Svizzera oggi schiera una nuova generazione di velisti di altissimo livello.
Dal suo punto di vista l’avvento dei foil sta giocando un ruolo centrale nel catalizzare l’interesse dei più giovani o dei nativi foil?
Senz’altro. Tutti i ragazzi con un’età inferiore ai 30 anni ormai guardano al foil. E non avrebbe potuto essere diversamente. A livello velico sono cresciuti sui Moth anziché sui Laser. E una volta vissute le sensazioni che si provano sulle barche con i foil è difficile tornare indietro.
Restando in tema, i foil stanno avendo una posizione sempre più dominante nella vela. Alle prossime Olimpiadi di Parigi nel 2024, per esempio, debutteranno anche gli iqFoil ovvero i windsurf in configurazione foiling. Qual è la sua opinione al riguardo?
Molto semplice. È una strada a senso unico. Le prestazioni che si raggiungono sono uniche. La velocità resta un fattore determinante: vale per la vela ma anche per altri sport. Basti vedere, per esempio, i progressi compiuti negli ultimi tempi nello sci che sono stati tali da renderlo per chi lo pratica ancora più esaltante sotto il profilo delle prestazioni. Mio figlio non ha appena ha avuto l’occasione ha voluto sperimentare il windsurf in modalità foil. Le sensazioni che si provano non hanno eguali. È un’esperienza adrenalinica dove, oltre alla velocità che gioca un ruolo centrale, si aggiunge anche l’esperienza del volo.
Parlando di Coppa America. Cosa l’ha colpita di più degli AC 75?
Mi è piaciuto quasi tutto di questa ultima edizione. Devo ammettere che all’inizio mi ero sbagliato sul conto di questa classe. Le barche contrariamente a quanto pensassi hanno dimostrato di essere molto competitive e le regate sono state molto avvincenti. Il problema forse è che non c’è stato il tempo per apprezzarle bene fino in fondo.
Lei è stato il primo ad aver trasformato la Coppa America in un vero e proprio evento sportivo in grado di catalizzare l’attenzione di un pubblico composto non solo da velisti. Le edizioni di Valencia sono ancora oggi un esempio vincente. Per lei ci sono i presupposti per riportare l’America’s Cup ai fasti di quell’epoca?
Certamente. Anzi bisogna fare di tutto per mantenere alta l’attenzione da parte del pubblico tra un’edizione e l’altra. Oltre ai benefici in termini mediatici, l’altro aspetto rilevante è che attraverso un circuito di regate tra una Coppa America e l’altra i team hanno l’occasione per crescere e diventare più competitivi. Le edizioni di Valencia furono memorabili in termini di audience proprio perché combattutissime. Non capisco perché Luna Rossa non insista per tornare in acqua. Avevano un piccolo svantaggio in termini di velocità nei confronti di New Zealand che, sono convinto, può essere colmato continuando ad allenarsi.
Dai TF35 agli AC75: oggi per vincere le regate che si corrono ad alto livello bisogna tener conto di tanti aspetti che vanno oltre alle qualità e alle capacità dell’equipaggio?
L’evoluzione nella vela è stata tale che le barche stesse sono diventate macchine più complesse da gestire e da condurre. Proprio come in Formula Uno o nella Moto GP. Entrano in gioco fattori come l’elettronica, l’idraulica, i sistemi di controllo in volo, e più in generale il set-up della barca. Poi quando si è in acqua il fattore umano resta determinante, ma non è più l’unico. Anche il modo di regatare è cambiato. Le barche sono molto più veloci e di conseguenza anche le decisioni da prendere. È un po’ come mettere a confronto le partite di calcio degli Anni 70 e quelle di oggi. Sembrano andare a due velocità completamente diverse. E proprio come nel calcio moderno non c’è più solo la figura del regista a dettare le regole e a fare la differenza. Le squadre vincenti sono quelle che hanno dimostrato di avere la miglior risorsa in ogni reparto. Proprio come in barca. E questo rende il gioco ancora più entusiasmante.
A proposito di tempo che percezione ne ha quando è sul campo di regata?
Il tempo è tutto. Nelle partenze se non si presta attenzione al cronometro si rischia di compromettere il risultato. Ma in regata riesco a entrare in una dimensione che mi fa uscire dal concetto stesso di tempo. La velocità, la concentrazione, l’adrenalina, le emozioni ne dilatano all’infinito la percezione.
La vittoria più bella?
L’ultima regata a Valencia nel 2007 contro New Zealand. Resta un momento unico e indelebile.
E c’è un ricordo o un momento legato a un’esperienza vissuta in mare al quale si sente maggiormente legato?
Ce ne sono tanti in realtà. Da vent’anni trascorro come minimo tre mesi in mare. Non posso farne a meno. Ancora adesso se mi fermo a pensare tornano ad affacciarsi i ricordi dell’esperienza vissuta in Papua Nuova Guinea dove per un mese non abbiamo incontrato neanche un’imbarcazione. Oppure il periodo di tre settimane trascorso in Antartide che mi ha fatto toccare con mano quante possano essere le sfumature di blu presenti in natura.
Chi è Ernesto Bertarelli
Ernesto Bertarelli, classe 1965, è un imprenditore e velista. È stato due volte vincitore dell’America’s Cup nel 2003 e nel 2007. Dopo la sconfitta del 2010 non ha mai abbandonato le regate. Dai catamarani Extreme 40, classe che il team Alinghi ha dominato vincendo il circuito dal 2008 al 2014, ai D35, al titolo mondiale dei GC32 nel 2019, al progetto del cat foiling TF35, il Team Alinghi ha sempre lavorato per essere pronto al ritorno in Coppa America. Nel frattempo è anche entrato nell’America’s Cup Hall of Fame.