La natura ha esercitato una forte attrazione su di lui fin da quando era piccolo. Le vacanze a Brecon Beacons, una regione del Galles conosciuta per la bellezza delle montagne, e le veleggiate al largo dell’isola di Wight hanno scandito i momenti più belli della sua infanzia. Il fuoco della passione è stato poi alimentato dalle imprese di personaggi come Jacques Cousteau o Bill Tilman, un esploratore e alpinista inglese che a bordo di un vecchio pilot-cutter a vela del 1906 partì da Bristol alla volta della Groenlandia e della Patagonia.
Poi il colpo di fulmine. La crociera a bordo di un ketch di 16 metri che in sette mesi di navigazione lo ha portato dall’Australia fino all’Alaska, passando per le aree più remote della Kamchatka. Un viaggio rivelatore. Un’esperienza che ha lasciato il segno in Jasper Smith e che si è rivelata fondamentale per dare vita al progetto Arksen. «Un viaggio il cui ricordo è ancora oggi vivo in me» commenta l’imprenditore britannico diventato celebre nell’industria dei videogame.
«Da allora sono passati 20 anni. Ho fatto altre crociere e toccato altre mete remote. Ma dentro di me resta ancora forte il desiderio di ripetere un’esperienza simile a quella e anzi di spingermi ancora più a nord. Guardandomi attorno mi sono però reso conto che non c’era nulla che soddisfasse le mie esigenze: ovvero imbarcazioni di dimensioni comprese tra 70 e 100 piedi con un’elevata autonomia per navigare in totale sicurezza anche per tre, quattro mesi senza compiere scali. Senza contare» continua Smith «gli aspetti legati all’impatto ambientale, fondamentali se si considera che proprio le rotte più remote passano per quelle aree marine governate da ecosistemi molto fragili e quindi più vulnerabili ed esposti.
È stato questo il punto di partenza del ragionamento da cui è nata una gamma di scafi in alluminio di 70 e 85 piedi cui se ne aggiunge un terzo sopra i 100 piedi che, se nei contenuti si possono definire explorer, nella forma sposano un nuovo linguaggio estetico e progettuale. E non poteva essere altrimenti visto il coinvolgimento di Humphreys Yacht Design.
Proprio a Rob Humphreys e a suo figlio Tom, che vantano una lunga esperienza nella progettazione di scafi a vela, si deve il merito di aver spostato il punto di osservazione riscrivendo le regole che fino a oggi hanno visto queste imbarcazioni confinate, in termini di design, in un perimetro così definito da essere diventato un cliché. «Quando due anni fa affidai a Rob e Tom il compito di propormi qualcosa di particolare» prosegue Smith «mai mi sarei immaginato di vedere un progetto così originale e fuori del comune». Niente di più vero. «Arriviamo dal mondo della vela», aggiunge Rob Humphreys, «un approccio che, per sua natura, durante l’iter progettuale ci porta ad analizzare e a tenere in considerazione ogni singolo aspetto, soprattutto quando di mezzo c’è una barca da regata». In questo caso il termine efficienza assume un ruolo centrale e non si traduce soltanto nella capacità di guadagnare qualche nodo in più di velocità.
Nel caso di Arksen ha infatti portato a concepire linee d’acqua e una carena che, a parità di prestazioni, richiedono una motorizzazione meno spinta e quindi meno emissioni e meno consumi. «Certo le performance restano un punto centrale, ma sappiamo anche che una barca a vela deve essere soprattutto sicura e gestibile in ogni situazione, anche la più complessa» chiarisce Tom Humphreys. Proprio questo approccio improntato alla massima flessibilità ha permesso di dar vita a qualcosa di innovativo.
«Il brief iniziale è stato molto chiaro: elevata autonomia e una capacità di carico importante sono questi i cardini attorno a cui si è sviluppato il progetto», aggiunge Tom Humphreys. A questo poi si sono aggiunte considerazioni altrettanto importanti come quelle inerenti la sicurezza in ogni condizione di mare. «Da qui l’idea di concepire scafi che fossero in grado di planare anche in presenza di onde formate oppure di navigare offrendo il massimo comfort anche alle alte latitudini» racconta Rob Humphreys.
Gli interni, curati da Design Unlimited, sono stati pensati per essere estremamente flessibili in modo da soddisfare un altro aspetto fondamentale della formula Arksen voluta da Jasper Smith: lo spirito filantropico. L’idea dell’imprenditore britannico è quella di destinare, attraverso una fondazione nata con questo scopo, il 10 per cento della vita operativa delle imbarcazioni a finalità scientifiche. Un obiettivo ambizioso che nasce dalla consapevolezza di Smith di dover fare tutto il possibile per preservare e proteggere l’integrità degli oceani.
Questo spiega perché gli interni di ognuno dei tre modelli sia stato pensato in modo da essere modulare. Tradotto vuol dire che in pochi passaggi alcuni ambienti di bordo possono essere trasformati in laboratori di ricerca. Non basta. Ogni scafo è pensato per avere un ciclo di vita di 50 anni e i materiali utilizzati, una volta disarmata l’unità, possono essere riutilizzati oppure rigenerati. Un approccio nuovo sulla scena nautica che nasce dalla volontà di Jasper Smith di avvicinare al mare una nuova generazione di utenti più consapevoli, che come lui condividano il piacere dell’esplorazione e la salvaguardia dell’ambiente marino.