Centosettant’anni di storia sono tanti. La storia del Cantiere Baglietto inizia prima dell’Unità d’Italia e, passando attraverso guerre, ricostruzioni, il boom economico e gli sfavillanti anni ’80 e ’90, arriva ai giorni nostri in una forma invidiabile. Verso la fine del XIX secolo, le sue imbarcazioni a vela di maggior successo sono state le sue. Fu anche responsabile delle automobili canot che trionfarono nelle prime gare di motonautica.
E Baglietto è stato anche il cantiere che ha dato il via alla nautica da diporto, ben prima degli anni ’60, con personaggi famosi del calibro, tra gli altri, di Gabriele D’Annunzio, Guglielmo Marconi, Giacomo Puccini, Re Vittorio Emanu- ele II e persino Papa Leone XIII come proprietari dei suoi yacht. Ci sono stati molti primati: dal primo megayacht italiano al MAS e al primo 12 metri SI costruito in Italia, senza dimenticare l’introduzione del Flybridge nella serie metrica.
Un cantiere che è sempre stato un passo avanti rispetto a molti concorrenti e che non delude nemmeno oggi. È infatti tra i primi a sperimentare la propulsione a idrogeno e a sperimentare il mondo della nautica da diporto in un senso molto più ampio dei soli yacht. Negli ultimi anni ha lanciato nuovi progetti, Offi- cina Baglietto, Blueness e il progetto BZero, che racconteremo nelle prossime pagine che, seppur sinteticamente, mirano a illu- strare la storia, partendo dai giorni nostri e arrivando agli albori, di questo incredibile rappresentante del Made in Italy.
Baglietto come filosofia
In questa terza parte della sua vita, il Cantiere Baglietto ha saputo trasformare la seconda lettera dell’alfabeto in una vera e propria filosofia. Fin dall’inizio è stato chiaro che Beniamino Gavio era l’uomo deciso a riportare il valore del marchio al livello della sua antica e importante storia, e la sua evoluzione negli ultimi 12 anni ne è una conferma più che evidente.
Oggi il cantiere si identifica con quella che lui stesso ha definito con un termine “Blueness”, che più che un progetto rappresenta l’appartenenza a un mondo, quello di Baglietto appunto, fatto di dettagli, cura del cliente, tailor made, storia, creatività e coraggio di osare. E poi c’è il progetto BZERO, che parte dall’acqua salata per generare idrogeno. Ma soprattutto rappresenta la capacità e l’istinto di Baglietto di guardare avanti e di essere pioniere in un settore che oggi è di fondamentale importanza: quello della sub-sostenibilità.
Baglietto BZERO
Il sistema BZERO comprende un modulo di produzione di idrogeno che utilizza acqua di mare filtrata e deionizzata per produrre idrogeno con un grado di purezza di 5,0 a una pressione massima di 35 bar, grazie a un sistema di elettrolizzatori di tipo AEM. Gli elettrolizzatori sono alimentati principalmente da energia proveniente da fonti rinnovabili (pannelli fotovoltaici) e/o dalla rete elettrica, in modo da produrre quanto più idrogeno “verde” possibile.
L’intero meccanismo è alimentato da fonti rinnovabili. Si parte dall’approvvigionamento energetico del cantiere navale, che è diventato operativo proprio in questi giorni e viene utilizzato per testare realmente il sistema BZero e la sua catena di fornitura e poi, a partire dal 2027, per trasferire il sistema a bordo delle navi.
Quest’anno è stato presentato anche un nuovo sistema di propulsione ibrida che sarà introdotto a partire dal 2025 sui modelli DOM133 e T52 a trazione ibrida. Questo sistema è composto da un motore endotermico diesel Caterpillar C32 ACERT e da un’unità ibrida ultracompatta. L’unità ibrida riesce a integrare sia una frizione a basso consumo sia una macchina elettrica ad alta efficienza da 180 kW che svolge un duplice ruolo: agisce come motore di propulsione elettrica e come generatore per asse per ottimizzare il consumo di carburante.
Quattro linee di prodotti
Oggi il cantiere offre quattro linee di prodotti: la T-Line, la Fast-Line, la DOM-Line e la XO. La prima, in acciaio e alluminio, è stata lanciata nel 2020 e comprende il T52 e il T60, entrambi dislocanti e progettati da Francesco Paszkowski. Si tratta di yacht che fanno parte della tradizione Baglietto, di cui riprendono le caratteristiche stilistiche più classiche per trasferirle in un contesto contemporaneo e attuale.
In particolare, il T52, che rimane sotto i 500gt, presenta importanti innovazioni stilistiche nelle aree di poppa e di prua. Completamente ridisegnata, la poppa è aperta con un beach club disposto su tre livelli e presenta una piscina con chiusura “a scomparsa”, grazie a un pavimento con movimento up/down. La T52 viene offerta anche con un motore ibrido diesel e, ad oggi, ne sono stati venduti nove esemplari.
D’altra parte, la linea FAST, realizzata interamente in alluminio e anch’essa progettata da Francesco Paszkowski, è un inno alla tradizione di Baglietto perché ci riporta ai tempi in cui la linea planante era uno dei suoi punti di forza. Vengono proposte due lunghezze: 42 e 50 metri.
Lanciata nel 2020, la linea DOM in alluminio è invece disegnata da Stefano Vafiadis e il suo nome, che deriva dal latino DOMus (casa), tradisce già la sua filosofia: infatti, è stata creata con l’idea di trasferire le stesse sensazioni positive che si provano a casa su uno yacht e diventare uno spazio intimo e sereno, confortevole ed elegante ma allo stesso tempo arioso e funzionale. La linea DOM comprende due dimensioni: il 115 piedi e il 133 piedi e ad oggi sono state vendute nove unità di DOM133. Di recente è stato venduto anche il primo DOM115, che ha aperto al mercato australiano.
All’inizio di quest’anno è stato finalmente presentato l’X50, un esploratore a dir poco rivoluzionario. La sua caratteristica distintiva è infatti un’area di osservazione situata sopra la timoneria, uno spazio unico e privilegiato da cui godere di una vista sferica dell’ambiente circostante. Le grandi finestre a filo consentono una vista a 360°, mentre il lucernario centrale permette di godere di frammenti di cielo. All’interno, questa sala visiva è arredata con comodi cuscini e divani ed è il rifugio ideale anche nelle giornate più fredde senza perdere la magia del viaggio. Di fronte all’area lounge si trovano sei grandi monitor, indipendenti l’uno dall’altro, in modo da poter essere utilizzati anche in modo autonomo.
L’ispirazione per la sua realizzazione viene dal mondo ferroviario, dal famoso “Settebello”, che nella seconda metà degli anni ’50 rivoluzionò il concetto di treno grazie al salotto panoramico posizionato sotto il sedile del conducente. XO ribalta questo concetto lasciando la postazione di guida sul ponte superiore e dedicando l’esclusivo spazio sovrastante agli ospiti.
Baglietto e il fully custom
La gamma è affiancata dalla produzione di barche completamente personalizzate. Questo ha sempre racchiuso la filosofia di questo cantiere, che mira a soddisfare pienamente i sogni e i desideri dei suoi proprietari. Anche le linee esistenti, infatti, possono essere ampiamente personalizzate. La personalizzazione, del resto, è una tradizione che ha avuto inizio in Baglietto negli anni precedenti alla gestione Gavio.
Gli anni che vanno dal 1996 al 2012 sono stati caratterizzati da un’alternanza di proprietà, gestione e complicazioni finanziarie che non sono comunque riuscite a sminuire il mito Baglietto. Durante il primo decennio di questo secolo, sono usciti in acqua dalle banchine di La Spezia scafi del calibro di Vicky, che con i suoi 58 metri è ancora lo scafo più grande mai varato da Baglietto, Blue Princess e Pure Insanity, due open di 34 metri progettati da Francesco Paszkowski.
Da non dimenticare anche il Nina J, un 42 metri con esterni di Tommaso Spadolini e interni rivoluzionari di Ivana Porfiri che includono un giardino verticale. Oppure Blue Scorpion, uno yacht dislocante di 53 metri dalle linee decisamente più classiche, e Annamia, un altro yacht dislocante di 43 metri che in qualche modo ha anticipato la moda dei trawler. Due scafi, firmati da Francesco Paszkowski, che non solo hanno rotto con la tradizione planante, ma hanno dimostrato come il cantiere sia estremamente versatile e capace di progettare e costruire qualsiasi tipo di scafo.
Capolavori come il Charly Boy, il Saramour o il Thunderball sono tutti scafi plananti che hanno dato il via alla produzione di scafi semi-custom che hanno lasciato una forte impronta sugli scafi degli anni successivi. È in questo periodo, infatti, che Baglietto lancia la sua linea planante ed è sempre in questi anni che il cantiere, insieme al designer, sviluppa alcuni dettagli come la finitura opaca delle prese d’aria sul ponte superiore che si riveleranno vincenti. Il risultato è una nuova immagine di famiglia, che ricorda il precedente periodo di splendore di Baglietto come costruttore di serie.
L’era del Gruppo Rodriguez
Queste innovazioni sono anche l’eredità del periodo precedente, che ha visto il Gruppo Rodriguez prendere le redini del cantiere dalla fine della gestione della famiglia Baglietto fino al 1996. Sono anni ricchi di successi in cui il cantiere si evolve verso uno stile di yachting decisamente più avanzato. È anche l’inizio della collaborazione di Francesco Paszkowski con il cantiere, che debutta nel 1994 con l’open Opus di 28 metri, il più grande dell’epoca, che ricorda vagamente il Destriero lanciato tre anni prima.
Con Rodriguez le linee esterne si orientarono verso forme leggermente più rotonde, ma decisamente più aggressive. Non solo, a metà degli anni ’80 Baglietto abbandonò definitivamente la costruzione di yacht in serie per dedicarsi al custom. Ovviamente, per farlo era necessario introdurre una novità: gli yacht designer. Architetti e designer facevano a gara per collaborare alla progettazione di nuovi yacht, ma erano sempre tenuti a rispettare il DNA e gli stili del cantiere. Tra le icone della gestione Rodriguez c’è il Blue Ice, interamente in alluminio e primo wide body, progettato da Aldo Cichero nel 1999 per Guido Orsi, uno yacht di 40 metri con una timoneria estremamente contemporanea e un rivoluzionario flybridge che copre tre quarti dello yacht.
Non solo, lo scafo semi-dislocante le permette di raggiungere i 30 nodi con due motori MTU da soli 2.780 CV. Blue Ice è stato anche il primo yacht costruito nel nuovo cantiere di La Spezia, acquistato per far fronte a una produzione in costante aumento. Sempre di Cichero fu il Maffy Blu del 1991, che presentava un nuovo layout del flying bridge e linee esterne con curve slanciate. Maffy Blu introdusse un cambiamento stilistico radicale nel linguaggio dei megayacht plananti. Con una lunghezza complessiva di 33 metri e una velocità massima di 30 nodi, combinava una linea che avrebbe fatto scuola con interni lussuosi che creavano un nuovo standard nel segmento. Altre due pietre miliari di quegli anni furono Adler nel 1987 e Baronessa nel 1988, progettate da Alberto Mercati. Alcuni, vista l’epoca, le considerarono eccessivamente minimaliste, ma la purezza delle loro linee stabilì lo standard.
Di quegli anni è anche il lancio di una linea di superyacht in alluminio caratterizzati da uno stile inconfondibile. Eleganti, veloci e innovativi, questi scafi di poco più di 30 metri furono uno dei must del decennio tra il 1982 e il 1992. In quel periodo Baglietto varò ben 15 yacht tra cui, oltre ad Adler, Lady Anfimar nel 1987, Topshida nel 1988, Altrove nel 1992 e Alba nel 1993. E proprio poco dopo l’acquisizione da parte di Rodriguez, nel 1985 venne varato il primo vero megayacht di Baglietto. Si tratta di Al Fahedi, un 46 metri commissionato da un armatore emiratino e progettato da Gianni Zuccon.
Il patrimonio della famiglia Baglietto
Fino al 1981, tuttavia, il cantiere è sempre stato gestito dalla famiglia Baglietto. Gli ultimi due rappresentanti, Pietro e Giampiero, sono passati a miglior vita dopo quasi 30 anni di successi ininterrotti. Rappresentano la
terza generazione di Baglietto che si sono succeduti alla guida di un cantiere che è stato a lungo considerato una delle roccaforti italiane dell’industria nautica. È a loro che dobbiamo la decisione di costruire in alluminio.
Tra gli anni ’60 e ’70, quando la vetroresina cominciava a essere utilizzata per la costruzione di yacht da diporto, si scelse di utilizzare l’alluminio, considerato un materiale più sicuro e versatile. La barca più incredibile di quegli anni fu costruita in alluminio. Commissionata dal barone John von Neumann, è un 26,5 metri con propulsione a idrogetto in grado di raggiungere una velocità massima di 62,5 nodi, il che la rende, ancora oggi, il Baglietto più veloce di sempre. Importatore statunitense per Volkswagen e Porsche, von Neumann è stato in quegli anni il cliente che più di ogni altro ha incarnato e personificato lo spirito Baglietto: raggiungere le massime prestazioni possibili con un’eleganza e uno stile senza pari.
Ma il vero colpo di genio di Giampiero e Pietro fu la decisione di applicare all’industria nautica il sistema della catena di montaggio che regnava negli Stati Uniti per la costruzione delle automobili. In questo modo le loro linee da 16,50 e 20 metri poterono soddisfare una domanda sempre crescente, indotta dal successo dei modelli Elba da 11,5 metri, Ischia da 16 metri, Capri da 14 metri, Minorca da 20 metri e Maiorca da 22 metri, lanciati tra il 1959 e il 1962, che catapultarono il Cantiere Baglietto nell’olimpo dei cantieri navali in grado di costruire le nuove imbarcazioni “da diporto” che sancirono la nascita della nautica da diporto.
Barche che nel periodo del boom economico, tra gli anni ’60 e ’70, hanno fatto letteralmente impazzire attori, VIP e teste coronate di mezzo mondo. Solo per citarne alcuni, ricordiamo i Principi di Monaco, proprietari di uno dei primi 18M battezzato Carostefal in onore dei loro tre figli; Albino Buticchi, storico presidente dell’AC Milan, armò il Minorca Namar; il famoso attore britannico Peter Sellers fu proprietario prima di un 18M e poi di un 21M.
Karim Aga Khan era proprietario dell’Almaloun di Maiorca e dello Squalo d’Argento, un 15 metri a turbina unico nel suo genere. Uno dei più grandi ammiratori di Baglietto fu l’Avvocato Giovanni Agnelli. Che, per farsi un regalo per il suo trentesimo compleanno, convinse il cantiere a costruirgli una one-off simile alla Mercury di Niarcos, costruita da Vosper con tre turbine a gas. Il G.A.40, arredato negli interni da Paolo Caliari, fu quindi messo in cantiere. Agnelli fece anche ristrutturare da Baglietto le sue tre splendide vele d’epoca: Agneta, Capricia e Tomawak. L’elenco potrebbe continuare all’infinito, ma ciò che è importante è capire che, negli anni ’60, navigare su una Baglietto era un simbolo di grande prestigio sociale e di savoir faire. Pietro e Giampiero Baglietto erano infatti riusciti a modernizzare il cantiere e a produrre barche che rispecchiavano perfettamente i desideri della jet society di quegli anni.
Esporre al primo Salone Nautico di Genova
Non solo, Baglietto fu uno dei primi cantieri a esporre al Salone Nautico di Genova e, già negli anni ’30, alla Fiera di Milano, due vetrine che ne accrebbero la fama. Negli anni immediatamente precedenti al boom economico, Baglietto aveva varato le sue ultime barche a vela, tra cui il 23,7 metri Caroly nel 1948 e il 19,3 metri Ea nel 1952.
Prima di loro c’era stato il periodo della guerra, durante il quale la Baglietto si era dedicata alla produzione militare. Oltre al famosissimo MAS, produsse anche una serie di altre imbarcazioni militari, dragamine e assaltatori. Ma la storia di Baglietto tra le due guerre è fatta soprattutto di barche a vela, successi sportivi e produzione di dirigibili e idrovolanti per l’Aeronautica Militare Italiana. I tre fratelli Bernardo, Vincenzo e Giovanni Battista Baglietto, che subentrarono al fondatore Pietro nel 1911, anno della sua morte, strinsero anche un forte legame con il governo italiano che li portò a costruire barche per il re Vittorio Emanuele, Benito Mussolini e personaggi del calibro di Giacomo Puccini e Gabriele d’Annunzio, solo per citarne alcuni.
La produzione dei primi quarant’anni del XX secolo è stata caratterizzata anche da una continua ricerca tecnica e dalla creazione di barche a vela e a motore che hanno preso d’assalto i campi di regata. Le barche a vela Viky, Bamba 6.00 SI e Bona 8 SI, entrambe ancora in navigazione e di proprietà dell’industriale novarese Giovanni Mogna, vinsero i principali trofei europei di yachting e Bona arrivò quarta alle Olimpiadi di Amsterdam del 1928. Nella nautica a motore, barche come Baglietto I e XXI, Alagi, Ravanello, Asso, Asso RB e la linea Lia conquistarono i record mondiali di velocità. Nello stesso anno Vincenzo Vittorio Baglietto, laureatosi in ingegneria navale a Glasgow dopo la fine della Prima Guerra Mondiale, torna in patria e diventa il nuovo progettista del cantiere. Suo è il progetto del primo dodici metri di stazza internazionale costruito in Italia: La Spina, anch’essa tuttora in navigazione.
Il cantiere navale dei VIP
All’inizio degli anni ’20, con la Prima Guerra Mondiale ormai alle spalle, i cantieri Baglietto tornarono a produrre imbarcazioni da diporto con una clientela che comprendeva personaggi con la passione per la vela e la motonautica: Virginie Hèriot, il re Alfonso XIII di Spagna, Guglielmo Marconi e l’allora principe ereditario Umberto II. Il 1915 fu l’anno in cui vennero prodotti i primi MAS (Motoscafi Antisommergibile) per la marina italiana.
Si trattava di piccole e veloci imbarcazioni utilizzate come mezzi d’assalto dalla Regia Marina durante la Prima e la Seconda Guerra Mondiale. Erano motoscafi da 20-30 tonnellate di dislocamento, con un equipaggio di circa dieci uomini e un armamento generalmente composto da due siluri e alcune bombe di profondità. A seconda dell’equipaggiamento, venivano utilizzate come motovedette antisommergibile o come mezzo per attaccare le navi della flotta austriaca. Nel 1911, quando Pietro Baglietto morì, il cantiere era già conosciuto come un’eccellenza italiana. Nel 1906 aveva varato Giuseppina, che con i suoi 22,6 metri era il più lungo yacht da crociera con motore a scoppio mai costruito in Italia. Nei cinquant’anni precedenti Pietro Baglietto era infatti riuscito a creare un cantiere navale, partendo da un capanno da giardino a 100 metri dal mare, che si era già affermato in tutto il paese per la qualità costruttiva dei suoi yacht da regata e da diporto.
Nel 1891, Henry Cassinelli gli affidò la modifica di un famoso yacht da corsa, il Miss Mary, che si trasformò in un campione e batté i campi di regata. Nello stesso periodo nacquero i primi club nautici e gli appassionati di vela e motoscafi fecero a gara per possedere un Baglietto. Molti di questi scafi navigano ancora oggi e sono ricercati dagli amanti degli scafi d’epoca. Perché la qualità e la bellezza non hanno età.