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Custom Line Navetta 30, genesi di un progetto vincente. Prima parte: le linee esterne

Inaugura un nuovo corso nella storia di Custom Line. Introduce sulla scena contenuti tecnici e stilistici innovativi. Rappresenta l’evoluzione di una gamma di successo, pur mantenendone inalterata la filosofia. In poche parole la Navetta 30 scrive un nuovo capitolo nella storia di questo cantiere. Alla base di questo progetto c’è quello che, a tutti gli effetti, è un lavoro di squadra.

L’ultima nata in casa Custom Line nasce dalla collaborazione tra il Dipartimento Strategico di Prodotto, presieduto dall’Ing. Piero Ferrari, il Dipartimento Engineering di Ferretti Group; lo studio di architettura Antonio Citterio Patricia Viel, che ha curato il progetto d’interni, e Filippo Salvetti, che ha seguito il design delle linee esterne. Per Salvetti che ha già all’attivo diversi progetti per Ferretti Yachts si tratta di una prima assoluta. E proprio da questo giovane ma affermato designer abbiamo voluto iniziare un percorso di tre puntate pensato per raccontare nel dettaglio le linee guida che hanno accompagnato, a tutti i livelli, la genesi di questo progetto.

«In origine nasceva come evoluzione della Navetta 28 sulle cui forme siamo partiti per esplorare un nuovo percorso progettuale», racconta Salvetti. Un punto di partenza importante ma che nella realtà ha poi imboccato una rotta completamente diversa. «Evolvendosi, il progetto ha poi cambiato direzione», commenta Salvetti che aggiunge: «la richiesta del cantiere è stata quella di calare nella Navetta 30 quei contenuti tecnici e stilistici presenti su scafi di dimensioni maggiori. Tradotto ha significato concepire interponti più generosi, ponendo soprattutto la massima attenzione al comfort della vita di bordo, con un design votato alla longevità. La vera partita dal punto di vista dell’architettura degli esterni l’abbiamo giocata creando un abito su misura che vestisse con la massima eleganza i volumi molto generosi della Navetta 30». Obiettivo centrato.

L’aspetto sul quale si è concentrata l’attenzione è stata la gestione del rapporto della lunghezza in funzione dell’altezza. Questo modello che misura 28,43 metri di lunghezza fuori tutto (23,85 metri al galleggiamento) nasce come entry level della gamma Navetta di Custom Line ma, al tempo stesso, beneficia di spazi e superfici superiori se paragonati a quelli presenti su unità di dimensioni simili. Una cosa non da poco, basti pensare che il baglio massimo è di 7,31 metri. Inoltre, il lavoro di ricerca stilistica doveva tener conto della filosofia che accomuna e rende da sempre riconoscibili i modelli di questa gamma. A iniziare dal termine Navetta. Un nome scelto non a caso, che identifica una specifica tipologia d’imbarcazione e che, per sua natura, deve mantenere inalterate certe forme.

Lo sforzo creativo è andato nella direzione di una linea dallo stile contemporaneo che risultasse di facile lettura, proporzionata ed equilibrata. Un risultato raggiunto anche attraverso codici stilistici che caratterizzano alcuni elementi. Come per esempio la sezione di prua. Concepita attorno alla formula widebody, accoglie la cabina armatoriale che sfrutta al meglio il volume estendendosi per tutta la larghezza. «In questo passaggio è stato molto sfidante coniugare l’aspetto funzionale a uno più formale. Da un punto di vista puramente stilistico il disegno della prua contribuisce molto nel conferire carattere e dinamismo al profilo di uno scafo.

Nel caso specifico della Navetta 30 questa sezione doveva tenere conto della presenza di volumi importanti ed escogitare il modo per assorbirne l’impatto a livello visivo ed estetico, e alla fine è stato un elemento chiave nel progetto degli esterni», spiega Salvetti. Da qui la scelta di colorare di nero il pattino che come nei Custom Line plananti sale dall’opera viva fin verso la prua stessa. «Questa soluzione cromatica», aggiunge Salvetti, «ci ha permesso di ridurre il volume di bianco in quella porzione dello scafo e ha conferito uno slancio più deciso al profilo».

Ci sono anche altri elementi, come le potenze e le vetrate, che con il loro segno nero contribuiscono a evidenziare i volumi verticali della sovrastruttura sulla Navetta 30. «In questo modo» dice Salvetti «non solo siamo riusciti a ottenere un contrasto cromatico molto elegante ma, al tempo stesso, abbiamo centrato anche l’obiettivo di dare, nell’insieme, una chiave di lettura più di dinamica e slanciata». Il tema delle vetrate merita poi un discorso a parte. La loro presenza sia in corrispondenza dello scafo sia della sovrastruttura oltre ad assolvere alla funzione di connessione degli interni con l’ambiente circostante, un tema centrale oggi nell’esperienza della vita di bordo, caratterizza sempre di più l’estetica stessa di un’imbarcazione.

La tecnologia legata alle superfici vetrate ha compiuto passi da gigante negli ultimi tempi e questo ne ha permesso una rapida diffusione ma ha anche fatto sì che in alcuni casi se ne sia decisamente abusato. Non è questo il caso della Navetta 30. «Le superfici vetrate pongono vincoli molto stringenti non solo negli esterni ma anche nello sviluppo degli interni» spiega Salvetti che aggiunge: «negli ultimi tempi il loro impiego sempre più diffuso ha avuto un impatto importante sul design di un’imbarcazione. Nel caso della Navetta 30 abbiamo volutamente resistito alla tentazione di snaturare eccessivamente alcuni elementi strutturali, come per esempio lo scafo, che come tale doveva continuare a far sentire la sua presenza. Da qui la scelta di adottare vetrate che, pur aprendosi nello scafo, non risultano ingombranti e anzi contribuiscono a esaltare in maniera armonica la fluidità delle linee esterne» racconta Salvetti.

Un concetto di dinamismo che trova altre chiavi di lettura in alcune soluzioni innovative adottate. E così, per esempio, tra il fly e l’upper deck la porzione di struttura che si congiunge con la potenza non si sviluppa orizzontalmente, ma presenta una leggera incurvatura che ha permesso di guadagnare ulteriore altezza in corrispondenza di quel punto. Piccoli dettagli che fanno una grande differenza proprio perché coniugano un aspetto formale a uno funzionale. Rimanendo in tema, tra il main deck e l’upper deck la sovrastruttura è alleggerita dalla presenza di un profilo nero che, oltre a richiamare la linea dell’opera viva, contribuisce a spezzare i volumi e alleggerisce l’architettura monolitica della barca. Non mancano poi i riferimenti alla tradizione navale che sono un altro elemento estetico centrale del progetto Navetta. Il riferimento va alle alette di plancia rare da trovare su barche di queste dimensioni. In questo caso si presentano integrate nella sovrastruttura sporgendo quel tanto che basta per assolvere in pieno alla loro funzione, ma rispondono anche a una precisa logica estetica perché coincidono, a seconda di come si vuole leggerle, con il  punto di partenza o il punto di arrivo del tientibene.

La forte integrazione tra esterni e interni è stato un altro elemento centrale del progetto Navetta 30. Un approccio che caratterizza il modo in cui sono stati concepiti gli ambienti sui singoli ponti dove non esiste più una separazione formale delle funzioni. Al contrario sono stati pensati come uniche grandi superfici nelle quali la distinzione tra le aree all’aperto e quelle al chiuso si azzera. Inoltre il tema dell’apertura si esalta anche nel modo in cui è stato agevolato l’accesso diretto al mare dal pozzetto. Anche questi sono piccoli dettagli nati dall’esigenza di coniugare un aspetto formale a uno funzionale che rappresenta il filo logico con il quale è stato concepito questo modello.

Filippo Salvetti

«Dal mio punto di vista», conclude Salvetti, «il progetto della Navetta 30 è stata un’esperienza molto interessante a livello professionale. Pur occupandomi del design degli esterni il mio lavoro si è armonizzato e interfacciato con quello degli altri attori coinvolti a tutti livelli: da chi ha seguito il design degli interni fino all’ingegnerizzazione. Un tipo di approccio che rappresenta l’ingrediente vincente di questo progetto: ovvero il lavoro di squadra».

Matteo Zaccagnino  

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