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Custom Line Navetta 30 Seconda Parte: il progetto d’interni

La lettura del progetto di un’imbarcazione va ben oltre la logica di un elenco di dati tecnici e informazioni descrittive. Raccontare un progetto vuol dire cogliere il pensiero che ha accompagnato sin dall’inizio il processo creativo. Nel caso della Navetta 30 di Custom Line il livello del ragionamento compie un salto di qualità. Sì perché non si tratta semplicemente di un nuovo modello che va ad arricchire, ampliandola, una gamma di prodotto.

In questo caso si tratta del risultato di un lavoro di squadra che ha coinvolto il Dipartimento Strategico di Prodotto, presieduto dall’Ing. Piero Ferrari, il Dipartimento Engineering di Ferretti Group, l’architetto Filippo Salvetti, che ha seguito gli esterni, e lo studio di architettura Antonio Citterio Patricia Viel (ACPV), responsabile del progetto d’interior. 

Patricia Viel, Photo by Giulio Boem

L’idea alla base della Navetta 30 sposa il concetto di un design vero, autentico e lontano dai formalismi di facciata che ultimamente stanno prendendo sempre più piede in campo nautico. L’ultima nata in casa Custom Line è stata concepita per ristabilire un legame, questa volta più forte, con l’elemento marino. Un senso di appartenenza che si ritrova soprattutto nel modo in cui Patricia Viel e Antonio Citterio hanno immaginato l’esperienza di vita a bordo.

Lo sketch della owner suite

Il design degli interni rifugge completamente dall’idea di promuovere uno stile d’impronta residenziale. Al contrario, il patrimonio di conoscenze e la cultura progettuale maturata dallo studio milanese proprio in questo ambito sono stati fondamentali per concepire spazi in grado di rilanciare un concetto di marinità che non andasse a discapito del comfort. “Abbiamo approcciato questo progetto immaginando di dialogare con persone che amano il mare.

Antonio Citterio, © Stefano Ferrante

Persone a cui piace stare a piedi nudi, che non si devono necessariamente cambiare per cena, e che quando fanno il bagno escono dall’acqua e vogliono sedersi ancora bagnate sul divano”, racconta Patricia Viel. In poche parole libertà. Una sensazione che solo la vita in barca può regalare e che nel caso della Navetta Custom Line 30 si può leggere non solo nella visione d’insieme, ma anche nei dettagli che compongono il mosaico con il quale sono stati pensati gli interni. Il senso di libertà è rilanciato attraverso la scelta di ambienti aperti senza soluzione di continuità. Il lavoro di progettazione ha adottato un linguaggio che azzerasse la distanza fisica e visiva tra aree interne ed esterne.

La scala esterna

“Abbiamo lavorato molto con Filippo Salvetti per avere le finestrature il più grandi possibile, per tenerle il più vicino a terra per dare continuità tra esterno e interno anche lavorando sui minimi dettagli per avere spazi fluidi” aggiunge Viel. Ecco dunque che la scelta dei materiali assume un ruolo centrale nel trasferire questa sensazione. A partire dal teak, essenza di solito utilizzata per rivestire le superfici dei ponti esterni e che nel caso della Navetta 30 diventa protagonista conquistando la scena nelle aree interne, distribuite su tre ponti, cabine e bagni inclusi. A bordo i soliti colori tenui e neutri lasciano spazio alle tonalità naturali del cuoio e al blu declinato in molte sfumature e texture.

Il divano esterno

«Invece di enfatizzare la differenziazione tra gli ambienti abbiamo cercato di dare un senso di unità alla barca usando una material chart molto semplice e con pochi elementi e, soprattutto, cercando di mettere in comunicazione visiva gli ambienti», spiega Patricia Viel. Il tema della marinità trova echi anche in una serie infinita di particolari che si possono cogliere ovunque a conferma del grande lavoro di ricerca compiuto. L’idea di trovarsi all’interno di una barca per esempio è stata rilanciata mantenendo volutamente nelle cabine ospiti l’architettura dello scafo a vista che da elemento strutturale assolve un’importante funzione di decoro.

Il main saloon

La cima intrecciata compare sullo schienale delle sedute e dei divani della collezione Erika di B&B Italia (che ricordano quelli dei caicchi) posti a poppa fly, e si ritrova anche nella ringhiera della scala elicoidale che collega esternamente i ponti. Un tema quello dell’intreccio presente anche in alcune lavorazioni che impreziosiscono i complementi di arredo dell’area living e persino sul copriletto della suite armatoriale. E se non sono i materiali, legno e cuoio su tutti, a evocare atmosfere marine ci pensano i nomi di alcuni elementi scelti per arredare gli ambienti di bordo a iniziare dalle sedute di Ortigia firmate Flexform o la chaise longue Atoll di B&B Italia presente nel living sul main deck.

L’aft deck

Il lavoro d’indagine compiuto da Antonio Citterio Patricia Viel ha scardinato, riscrivendola, la regola che fino oggi voleva che fossero gli ambienti a definire la funzione. “Nel caso della Navetta 30” prosegue Viel “abbiamo voluto adottare un approccio improntato alla massima flessibilità in termini dell’utilizzo degli spazi dove basta spostare una sedia o un tavolo per vivere diversamente quella superficie a seconda del momento della giornata”. Il lavoro di ricerca sui materiali si è spinto fino al punto di scegliere soluzioni inedite e molto innovative. “Abbiamo fatto una bella ricerca per i bagni. Volevamo qualcosa di particolarmente resistente ma anche dedicato specificatamente al progetto” prosegue Viel.

Il main salon

“Abbiamo individuato un’azienda specializzata nella produzione di mosaici realizzati partendo da vetro riciclato (Microfarma by Micromosaico ndr). Siamo partiti da un motivo a puntini concepito appositamente che è diventato poi un elemento di decoro quasi impercettibile, ma ricorrente, e che abbiamo anche riproposto nella carta da parati realizzata in polvere al quarzo su fibra di vetro. Nei bagni le tesserine di forma rotonda sono declinate in tutte le sfumature di verde dal più chiaro a quello più scuro. Siamo rimasti molto soddisfatti di questa scelta. E’ un materiale che si è rivelato molto duttile, leggero, tattile, oltre a essere visivamente ricco” aggiunge Viel.

La owner suite

Che nulla sia stato lasciato al caso lo si intuisce dalla scelta consapevole di puntare su complementi d’arredo integrati e realizzati su misura con un taglio sartoriale, non solo per mantenere salda la coerenza stilistica con la filosofia progettuale quanto soprattutto per evitare quell’effetto “showroom” sempre più dilagante. Ecco dunque che la presenza dei profili arrotondati dei mobili va letta non come un vezzo estetico, quanto come un’interpretazione corretta di una regola fondamentale da tenere sempre in considerazione su una barca, ovvero l’assenza di angoli o spigoli vivi. Il risultato è uno scafo dove il legno la fa da padrone, ma dove non mancano dettagli in carbonio a ricordare che questa è una barca moderna in cui anche il tema della sostenibilità ha un ruolo chiave.

Il bagno della owner suite

«Se c’è un punto debole nel settore nautico è proprio quello legato alla sostenibilità», spiega ancora Patricia Viel, «per questo abbiamo deciso di avere un approccio reale a questa tematica. Niente contentini di facciata. Esistono barche dove per sgorgare una doccia bisogna distruggere mezzo bagno. Questa invece è un’imbarcazione rigenerabile. Se dovesse essere venduta e il nuovo armatore optasse per un refit completo, non ci sarebbero sprechi inutili», conclude.

Tradotto vuol dire che nulla è stato lasciato al caso. Buona parte degli ambienti interni, soprattutto le aree sociali, possono cambiare destinazione d’uso ed essere rigenerate mantenendo sempre salda la coerenza stilistica e progettuale. Stesso discorso per esempio per le aree esterne dove i complementi d’arredo sono tutti sfoderabili in modo tale da garantire una manutenzione intelligente riducendo lo spreco di risorse. Un obiettivo che è stato raggiunto attingendo anche all’utilizzo di nuove tecnologie. 

La cabina a letti gemelli

Per la prima volta nella storia del gruppo, per esempio, è stata usata una tecnologia progettuale ancora poco usata nel mondo della nautica, soprattutto in quella da diporto. Si tratta del BIM (Building Information Modeling) che non è una semplice rappresentazione tridimensionale, ma «un metodo di lavoro che utilizza la tecnologia digitale per modellare il lavoro. In pratica, un’immagine virtuale dell’oggetto che mostra in modo preciso tutti i componenti che contiene e spiega come montare o smontare un pannello, dove passa un determinato tubo o dov’è lo scarico della doccia. Un modello digitale che accompagna l’oggetto cui è riferito per tutta la sua vita e che può essere aggiornato in caso di modifiche” conclude Viel.

L’aftdeck

La Navetta 30 di Custom Line riscrive insomma le regole del design che se da un lato attingono a una metodologia progettuale nella quale l’impiego della tecnologia si esprime ai massimi livello, dall’altro riportano al centro della scena il tema del mare inteso soprattutto come esperienza di vita. Già il mare, un elemento che a suo modo continua a esercitare una grande influenza rappresentando una fonte d’ispirazione inesauribile.

Come ha scritto Bruno Munari ne Il Mare come artigiano: “Tu butti qualcosa in mare, e il mare (dopo un tempo imprecisato e imprecisabile) te lo restituisce lavorato, finito, levigato, lucido o opaco secondo il materiale, e anche bagnato perché così i colori sono più vivaci”. E nel caso della Navetta 30 di Custom Line il tempo e il mare ne enfatizzeranno ulteriormente la bellezza. 

Matteo Zaccagnino

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