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In ricordo di Italo Rota

È mancato in questi giorni Italo Rota uno dei più importanti architetti italiani. Ha firmato il Museo del Novecento di Milano e anche la trasformazione, in collaborazione con Gae Aulenti –dell’ex stazione parigina della Gare d’Orsay nell’omonimo Museo, dedicato all’impressionismo. Giusto due anni fa lo avevamo intervistato per farci raccontare il suo Padiglione Italia all’Expo Dubai 2020. Vi riproponiamo qui quell’intervista a firma di Gaia Grassi.

Italo Rota un architetto milanese crossdiciplinare

Italo Rota, milanese, eclettico, specializzato in landarchitecture, ha fatto della riappacificazione con la natura uno dei suoi leitmotiv.

La ricerca crossdisciplinare è la sua cifra distintiva: da oltre 30 anni Italo Rota, architetto e urbanista fondatore di IRBO – Italo Rota Building Office, spazia dall’arte contemporanea alla robotica per firmare progetti innovativi in cui bellezza umanistica e sostenibilità sono ingredienti dominanti e integrati che si fondono in un perfetto equilibrio tra arte e scienza. (Qui tutti i nostri post su Italo Rota)

Italo Rota
Milano, Architetto Italio Rota con il plastico dell’Isola che non c’e’ © Cristian Castelnuovo / Massimo Sestini

Un inno alla tecnologia

L’applicazione delle tecnologie più avanzate, in collaborazione con laboratori, studi e università internazionali, prefigura nuovi sistemi per l’abitare pensati per la città del “presente estremo”, che si esprimono attraverso quel nuovo sentimento di bellezza che, secondo lo psicologo statunitense Howard Gardner, rispecchia tre criteri di fondo: “la capacità di generare interesse, l’assunzione di una forma memorabile e l’attitudine a suscitare ulteriori esplorazioni”. 

Italo Rota

Italo Rota e l’interconnessione tra terra e acqua

Il suo approccio multidisciplinare si traduce anche in una visione di interconnessione tra gli elementi acqua e terra, come dimostrano numerosi suoi progetti.

«Ormai abbiamo una preminenza indiscussa delle città di mare su quelle continentali, soprattutto se si affacciano su una baia», ci racconta Italo Rota. «Basti pensare a Hong Kong, Rio de Janeiro, New York, Shanghai.

Italo Rota
The Foro Italico in Palermo

Il Foro Italico di Palermo

Ma, senza andare lontano, anche a Palermo o a una città di lago come Lugano». In particolare, per il lungomare Foro Italico di Palermo lo studio IRBO si è posto l’obiettivo di restituire “il mare” ai cittadini palermitani, la cui vista per troppi anni era stata negata alla città. «La grande area dell’antica passeggiata, in disuso e poi liberata, era ormai visibile, sgombra e semplice, pronta a essere usata e consumata, a essere riportata a nuova vita: pensare al futuro delle città significa che il primo interesse deve essere quello di sviluppare la vita», sottolinea l’architetto. «L’intento progettuale era creare un luogo in cui cittadini si sentissero al sicuro, anche senza la presenza delle forze dell’ordine. Il risultato è stato un grande prato così semplice e affascinante che abbiamo deciso di definire “mare verde”».

Italo Rota
The Foro Italico in Palermo

Italo Rota e il waterfront di Lugano

La disconnessione tra la città e il suo specchio d’acqua è affrontata anche nel progetto di riconfigurazione del waterfront di Lugano, firmato da CRA-Carlo Ratti Associati con la consulenza creativa di Italo Rota. «Lo studio prevede una sorta di isola-giardino galleggiante che vuole essere un’espansione dello spazio pubblico – spiega – e rivede le connessioni tra città e lago, revisionando la principale arteria del traffico di Lugano».

Italo Rota

L’Expo di Dubai in partnership with Carlo Ratti

Un sodalizio consolidato quello tra Carlo Ratti e Italo Rota, protagonisti indiscussi anche del recente Expo Dubai 2020, con l’edificio del Padiglione Italia, sempre con progettazione di Ratti e Creative direction di Italo Rota. «È un esperimento di architettura riconfigurabile e circolarità – precisa l’architetto – e si compone di tre scafi di navi che formano il tetto della struttura, una facciata multimediale realizzata con due milioni di bottiglie di plastica riciclata e un sistema naturale di mitigazione del clima che sostituisce l’aria condizionata».

Italo Rota

In particolare i tre scafi, che misurano ciascuno dai 40 ai 50 metri di lunghezza, sono stati realizzati con il contributo di Fincantieri e sono sostenuti da 150 sottili pilastri in acciaio, ciascuno alto 27 metri. Questi elementi sorreggono una membrana di copertura a forma di onda, realizzata con cuscinetti in etilene tetrafluoroetilene (Etfe; materiale plastico ad alta resistenza alla corrosione) e uno strato forato di lamine metalliche che modula l’ingresso della luce. «Gli scafi sono rivestiti di una vernice innovativa sviluppata dal Gruppo Boero; i colori verde, bianco e rosso formano quello che è il più grande tricolore della storia italiana, esteso su 2100 metri quadrati». 

Quella di Dubai non è ovviamente la prima esperienza per IRBO a un expo: porta la sua firma, infatti, anche il Padiglione espositivo “Ciudades de Agua” di Saragozza 2008. «I quattro temi (l’acqua-amica, l’acqua-spettacolo, l’acqua-motore di trasformazione, l’acqua-futuro) ordinano una serie di testimonianze e di scenari configurati con tecniche diverse, luce, suono e variazioni igrometriche», spiega l’architetto. 

Italo Rota

Italo Rota e l’acqua come motore di trasformazione

«Tutto questo per rappresentare un viaggio lungo un anno che ha toccato le città del mondo che affrontano il tema dell’acqua come elemento di progetto e motore di trasformazione del paesaggio metropolitano, delle opportunità e dei costumi dei loro abitanti».

Italo Rota
The Jian Mu Tower

Un tema particolarmente caro a Italo Rota, che sottolinea: «La trasformazione è già in atto. Si incontrano sempre più spesso, specialmente in Cina, vere e proprie compagini di terra ferma che entrano in mare; in genere si tratta di un riuso di vecchie strutture di porti o attracchi industriali e rappresentano l’evoluzione dell’idea di rotonda sul mare, ma si spingono ben più lontano nell’acqua e diventano luoghi molto apprezzati e utilizzati. a componente psicologica che entra in gioco è sicuramente profonda: si arriva fino alla fine del “molo” e si osserva l’orizzonte, allontanandosi dalla città, relazionandosi con l’acqua senza essere in barca, bensì mantenendo i piedi ben saldi a terra.

Italo Rota
The Jian Mu Tower

Diventa, quindi, un luogo psicologico della città e di riflessione molto forte, e sottende una nuova relazione tra mare e città, tra acqua e terra. Che passa ovviamente anche attraverso l’installazione The Floating Piers di Christo, l’indimenticabile passerella arancione sul lago d’Iseo. Tutto nasce dal cambio di approccio dell’uomo con questi due elementi e in particolare dal suo desiderio ancestrale di legarsi e relazionarsi con l’acqua in un periodo storico in cui è molto più rara o eccede in modo problematico, e questa ormai sarà la nostra condizione futura. Sembra quasi, dunque, un desiderio di riappacificazione con l’acqua, perché è proprio attraverso la sua assenza o la sua eccessiva presenza che si sta facendo e si farà sentire il cambiamento climatico: innalzamento del livello dei mari, uragani, siccità. È tutta colpa nostra. È tutta nostra responsabilità. Lo sappiamo, lo sentiamo e dobbiamo porvi rimedio».

Gaia Grassi

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