Richard Mille Cup: non ci sono dubbi. Nell’era del carbonio, dei foil, delle barche volanti e degli algoritmi il loro fascino resta immutato. Ancora adesso le linee slanciate e l’imponente piano velico esercitano una forte attrazione. Che diventa irresistibile nel momento in cui le osservi navigare in regata. Difficile descrivere il mix di emozioni che solo le barche d’epoca riescono a far provare.
Richard Mille Cup: opere d’arte in movimento
È come contemplare un’opera d’arte in movimento. Istantanee di un’epoca ormai lontana ma ancora di grande attualità, come testimonia l’enorme successo che ha accompagnato lo svolgimento della seconda edizione della Richard Mille Cup. (Tutti i nostri post su Richard Mille qui). Stessa formula, cioè competizione a cui potevano partecipare gli scafi costruiti prima del 1939, e stesso percorso diviso in quattro tappe con prove costiere disputate nelle acque antistanti Falmouth, Dartmouth, Cowes e Le Havre a cui si aggiungevano anche due regate notturne da Dartmouth a Cowes e da Cowes a Le Havre. In palio c’era quello che è già diventato un trofeo molto ambito. Anche in questo caso nulla è stato lasciato al caso.
Un trofeo firmato da Garrard
Richard Mille ha voluto fare le cose in grande coinvolgendo Garrard. Proprio al gioielliere della famiglia reale britannica, lo stesso che ha a metà del XIX secolo ha realizzato la Coppa delle Cento Ghinee, è toccato il compito di concepire e realizzare il prestigioso riconoscimento: un trofeo in argento alto un metro. A contenderselo quest’anno una flotta di 10 splendidi scafi come Kelpie, Cynthia, Ayesha, Patna, Thalia, Viveka e Alpha che con i suoi 120 anni era la più antica. Ma tra le barche iscritte spiccavano anche le tre celebri “m” di Mariquita, Moonbeam e Moonbeam IV accomunate dalla stessa mano che le ha progettate ovvero quella del geniale designer scozzese William Fife III.
Richard Mille Cup: presenti due leggende della vela.
Infine, a dare un valore aggiunto allo spettacolo, la presenza di due autentiche leggende della vela: Elena e Atlantic. Quest’ultima è una maestosa goletta a tre alberi replica dello schooner aurico che, al comando del celebre skipper Charlie Barr, nel 1905 salì alla ribalta delle cronache per aver conquistato la Kaiser’s Cup coprendo la distanza che separa gli Stati Uniti dall’Inghilterra in 12 giorni, 4 ore, 1 minuto e 19 secondi. Un record rimasto imbattuto fino al 1998.
Un contesto spettacolare
Restando in tema di trofei nel caso della Richard Mille Cup il valore aggiunto è il contesto nel quale si svolge. A iniziare dal campo di regata che si trova proprio nel cuore di quella che è considerata la culla dello yachting moderno. Basta scorrere i nomi degli yacht club coinvolti nella Richard Mille Cup tra i quali spicca il Royal Yacht Squadron. Si trova a Cowes la cittadina che sorge sull’isola di Wight salito alla ribalta delle cronache 173 anni fa.
Il 22 agosto del 1851 la goletta America, nella tradizionale regata organizzata dallo yacht club, tagliò il traguardo per prima aggiudicandosi così la coppa delle Cento Ghinee che, da quel momento, fu chiamata Coppa America. Una storia che in qualche modo si ripete a distanza di oltre un secolo e mezzo. Oltre al famoso Royal Yacht Squadron sono coinvolte realtà della portata del Royal Cornwall Yacht Club, del Royal Dart Yacht Club, e della Societe des Regattes du Havre. “La combinazione di regate diurne e “passage races” con l’opportunità di navigare e visitare luoghi iconici è unica per la Richard Mille Cup e si è rivelata molto apprezzata dagli armatori di alcuni dei migliori yacht del mondo” ha commentato William Collier organizzatore dell’evento nonché apprezzato esperto di barche d’epoca.
Richard Mille Cup: ricreare l’ambiente perfetto
“Il restauro da solo non è sufficiente, però. Questi yacht hanno bisogno di un ambiente in cui la loro fama possa diffondersi, ed è per questo che è così importante coinvolgere gli yacht club permettendo agli armatori di socializzare in un’atmosfera che rievoca il vero spirito dell’era prebellica”, afferma Richard Mille che insieme a Benoît Couturier ha dato vita al Fife Team che sotto un’unica bandiera riunisce Mariquita, Moobeam e Moobeam IV tutte uscite naturalmente dal celebre cantiere di Fairlie.
Richard Mille e Couturier
“Tutto ha avuto inizio con Couturier” racconta Mille “E’ lui che mi ha fatto scoprire la bellezza, la magia e il fascino delle barche d’epoca. È stata un’autentica scoperta soprattutto per chi come me ha avuto finora passioni sempre legate alla terraferma come, per esempio, le auto d’epoca da corsa. Per me si tratta dell’inizio di una nuova affascinante avventura in un mondo che prima non conoscevo affatto”. Una scintilla, la stessa, che è scoccata quando Benoît Couturier si è imbattuto per la prima volta in Mariquita. Era il 2019. “Amo le cose rare e belle. Sono un collezionista di auto.
Quando ho visto questa barca senza un acquirente, sono rimasto senza parole e ho voluto fare qualcosa. Il primo passo è stato portarla in Bretagna perché, in genere, le barche d’epoca sono tutte destinate al Mediterraneo mentre ritengo che si debba fare qualcosa di diverso. Ho comprato la barca e l’ho riportata qui per costruire un progetto sulla costa atlantica. Non so come si conduce una barca. Non sono salito a bordo quando è arrivata a Brest, ma mi è piaciuto ammirarla dal mare. Sono felice di vedere tutto l’equipaggio a bordo con tanto entusiasmo” racconta Couturier. Mariquita in particolare e il Fife Team più in generale fanno parte di un progetto più ampio ovvero riportare l’attenzione su un angolo di Bretagna dove le tradizioni marinare hanno radici profonde.
Mariquita, restauro a Brest
Proprio a Brest nel Chantier du Guip, Mariquita è stata sottoposta a un meticoloso restauro filologico grazie al quale è tornata al suo splendore originale. Ma è solo il primo passo di un percorso il cui obiettivo finale è trasformare Brest e la Bretagna più in generale nella nuova meta per le barche d’epoca. E la Richard Mille Cup va proprio in questa direzione.
“Un evento nato con l’idea di celebrare la bellezza di questi scafi in quello che è il loro ambiente naturale ovvero le acque dell’oceano e non nelle cornici mondane tipiche del Mediterraneo” aggiunge Mille.
Matteo Zaccagnino