Può un “abuso edilizio nautico” trasformarsi in una barca ricca di fascino e di carattere? Sì, può. E Audace, il K42 di Floating Life ideato da Andrea Pezzini, progettato da Mauro Sculli e costruito da Cantieri delle Marche, ne è la prova.
«Quando ho deciso di andare definitivamente a vivere in barca e di costruirmi uno scafo ad hoc ho detto ad Andrea: “l’idea dell’Explorer mi piace, ma voglio un ponte tutto per me. Che senso ha spendere tutti quei soldi per mettere il comandate nell’attico e andare a vivere in cantina?».
Chi parla è Andrea Merloni, armatore e anima creativa di Audace che, per inciso, è un explorer one off con un ponte in più rispetto ai canonici tre. Un ponte ormai universalmente conosciuto come “l’abuso edilizio” a cui, essendo questa una barca ideata da Andrea Pezzini, si è aggiunto un ponte tecnico talmente ampio e vivibile da essere spesso usato come sala riunioni.
Merloni, del resto, era stato irremovibile sul fatto di avere un ponte tutto per sé. «Su A.B. Normal, la mia barca precedente (un Inace 95, ndr) l’unico posto dove potevo starmene un po’ in pace era la mia cabina. E, in tutta onestà, mi pare assurdo possedere uno scafo di 40 metri per poi ritrovarsi relegati in un locale di 15 metri quadrati con un oblò come unica prospettiva visiva».
Ne sa qualcosa Mauro Sculli, architetto e yacht designer dell’omonimo studio che la barca l’ha progettata. «Aggiungere un ponte su una barca già tanto imponente non è uno scherzo», spiega, «per minimizzare l’altezza abbiamo puntato sul baglio che, essendo generoso, tende a slanciare le linee generali dello scafo», conclude.
A Sculli non piace vantarsi, ma a lui va il merito di aver disegnato piccoli particolari che hanno contribuito a slanciare quel ponte in più. La diversa dimensione delle finestrature del super upper deck, la copertura nera invece che bianca dello stesso ponte e le impavesate di poppa che salgono gradualmente fino a raccordarsi con il ponte superiore sono infatti sapienti escamotage che hanno permesso di dare slancio ad Audace e al suo abuso edilizio, trasformandolo in una barca decisamente interessante.
A parte l’enorme gru di alaggio color rosso pompiere posizionata a poppa e i dettagli tecnici come i salvagente o gli estintori lasciati volutamente a vista, quel che colpisce di questa barca è il layout. Sul ponte principale, al posto del tradizionale salone, ci sono due cabine: quelle degli amici del cuore di Merloni. L’area pranzo e relax è all’aperto, sul grande pozzetto poppiero che ospita anche un enorme prendisole, può essere chiusa con speciali teli e dispone di raffrescamento e riscaldamento.
Altre due cabine, dotate di balconcino abbattibile, sono sul lower deck, prima della grande area poppiera polivalente che può essere, a seconda del momento, un’area relax, una discoteca o un salone per le feste. L’upper deck ospita un salotto intimo arredato con un divano profondo che Merloni definisce “da svacco”, un paio di poltrone old stile firmate Baxter e una gigantesca televisione.
Il super upper deck (l’abuso edilizio per intenderci) accoglie infine l’appartamento privato di Merloni che è offlimits per chiunque. Audace, in pratica, è uno scafo con diversi livelli di accesso.
«Certo, il layout è stato studiato proprio per avere tanto spazio per gli ospiti. Con l’area per i day guest ampia, ma ben delimitata, e quella per gli ospiti di bordo più intima e raccolta », spiega Andrea Merloni, «sulla barca precedente trovavo gente ovunque. Invece qui gli ospiti sono tutti insieme sotto, sono facili da gestire. L’upper deck è un capitolo a sé: è fatto per gli ospiti fissi della barca ed è pensato per quei cinque o sei amici che sono a bordo», conclude.
Insomma un modo anomalo, ma pratico, di pensare il layout di una barca. E la dimostrazione di come Audace sia una barca su cui vivere. Una barca che, già nel nome, mostra il suo manifesto. «Si chiama Audace perché è un progetto forte. Erano belli i nomi del futurismo. C’erano Audace, Ardito, Ardimentoso, Intrepido e Sparviero: i cinque incrociatori della Regia Marina», racconta ancora l’armatore.
Insomma, un progetto forte che esce dal consueto. Ad Andrea Merloni, del resto, non importava che la sua barca non rispecchiasse gli attuali canoni modaioli dello yachting. «Io la barca la devo vivere, non mi interessa né charterizzarla né venderla», ha spiegato «Quello che non mi piace in mare è il design fine a se stesso. A bordo non ho voluto marmi o moquette. Sto al mare, con il marmo e i piedi bagnati scivoli e la moquette su uno yacht è un’aberrazione. La barca deve essere comoda e funzionale. E poi le cose vanno vissute, usate, consumate. Devono diventare vecchie con te», racconta.
Gli interni di Audace sono opera di Alessandra Negrato, dello studio Sculli, che ha seguito le richieste dell’armatore. «Andrea aveva le idee chiarissime su come doveva essere la sua barca», racconta, «semplice, ma non minimalista; di qualità, ma senza elementi modaioli. E soprattutto comoda da vivere. Un posto dove rilassarsi e dove sentirsi a casa».
La scelta è caduta quindi su elementi non ridondanti ma di valore che contrastassero con l’impronta tecnica voluta da Merloni. «All’inizio mi ha chiesto una barca che ricordasse un traghetto», spiega ancora Alessandra Negrato, «una richiesta molto più complicata da soddisfare di quanto non si creda.
Per dare alla barca un look essenziale, “da traghetto”, ma anche un carattere deciso, abbiamo optato per plafoniere lineari firmate Luceplan; o per finestrature quadrate rallegrate da grandi maniglie rosse a vista», continua. Il risultato, bisogna dargliene atto, è da applausi. Audace è sì una barca essenziale, ma ha un fascino naturale, sottolineato da pezzi di design e accessori di qualità come i comodini delle cabine ospiti firmati da Lema, o gli sgabelli di Maxalto.
E poi i tessuti magnifici che, da soli, arredano le cabine e i saloni. Sono di C&C Milano e di Dedar e sono stati lavorati da Mino e Grazia di Jesi. Esternamente ci sono divani e chaise longue di Tribù, pouf e cuscinoni di Paola Lenti e, grande tocco di classe di Alessandra Negrato, splendide sedie in pelle di B&B per i due tavoli dell’area pranzo. Piccoli, importantissimi, dettagli che danno ad Audace un’aria sofisticata senza farla sembrare una barca di lusso. Del resto, per dirla con Coco Chanel: “la semplicità è la nota fondamentale di ogni vera eleganza”.