“Quando mi ha proposto di partecipare all’Admiral’s Cup, ho accettato subito questa incredibile sfida”. Pierre Casiraghi non ha dubbi nel ricordare l’inizio di un’avventura che ha portato lui e lo Yacht Club de Monaco a scrivere una pagina storica della vela.
Per la prima volta nella sua storia, infatti, lo YCM ha conquistato la prestigiosa Admiral’s Cup, la regata a squadre che dal 1957, per oltre vent’anni, è stata considerata il vero e proprio mondiale della vela d’altura. Dopo un lungo stop nel 1999, un breve ritorno nel 2003 e un nuovo silenzio, l’edizione 2025 si è presentata con la forza di un nuovo inizio. E si è chiusa con un trionfo storico, firmato proprio dal club monegasco.
Un successo maturato al termine di regate tiratissime, culminate nella prova più iconica: la Rolex Fastnet Race.
Per Casiraghi questa vittoria rappresenta il coronamento di un percorso iniziato nel 2010 a bordo del Tuiga, l’ammiraglia dello Yacht Club de Monaco, e costruito passo dopo passo con esperienze in tutte le grandi classiche dell’altura: dalla Palermo-Montecarlo (che ha vinto), alla Giraglia Cup, dalla Cape-to-Rio alla Middle Sea Race, fino alla stessa Fastnet.
Lo abbiamo incontrato alla vigilia dell’Admiral’s Cup: un’occasione speciale nella quale ci ha concesso questa intervista esclusiva.

Come ci si sente a issare per la prima volta la bandiera dello Yacht Club de Monaco sulla linea di partenza dell’Admiral’s Cup in un anno speciale che segna sia il ritorno di questa competizione velica sia il centenario del leggendario Royal Ocean Racing Club?
Siamo estremamente orgogliosi di issare per la prima volta la bandiera dello Yacht Club de Monaco sulla linea di partenza dell’Admiral’s Cup, soprattutto in un anno così simbolico. Il ritorno di questo evento leggendario, insieme al centenario del Royal Ocean Racing Club, segna un momento importante nella storia della vela. Poter partecipare insieme ai più grandi yacht club del mondo è un onore, ma anche un grande riconoscimento del lavoro svolto negli anni dal nostro Club e dal Principato per promuovere l’eccellenza nautica. Inoltre, invia un messaggio forte ai nostri giovani velisti: Monaco ha il suo posto tra le grandi nazioni veliche.

Come è nata l’idea di partecipare a questa regata e qual è l’aspetto più affascinante di questa competizione?
L’iniziativa è partita da Peter Harrison, membro impegnato dello YCM e vero appassionato di vela. La sua idea era quella di mettere insieme una squadra forte per rappresentare il nostro Club con Jolt 3 e Jolt 6. I preparativi di questi ultimi mesi sono stati intensi, con sessioni di allenamento mirate e regate d’altura. Ciò che mi entusiasma di questo evento è il suo formato unico: regate costiere altamente tattiche, combinate con impegnativi percorsi d’altura, fino alla leggendaria Fastnet Race. Dal punto di vista fisico, tecnico e mentale, mette davvero alla prova le capacità dei velisti.

Prima di questa esperienza, ha avuto altre occasioni di regatare con Peter Harrison in passato?
Assolutamente sì, abbiamo timonato per la prima volta insieme il maxi RP72 Sorcha alla regata Les Voiles de St Barth Richard Mille del 2019, condividendo il timone per tutta la durata dell’evento.

A bordo, il tempo non si misura solo con l’orologio: c’è il tempo della strategia, dell’attesa, della partenza e quello dettato dall’imprevedibilità delle condizioni meteorologiche. Quale aspetto di questo tempo “invisibile” l’affascina di più?
È come una partita a scacchi mentale: devi anticipare i cambiamenti del vento, calcolare il momento giusto per attraversare la linea di partenza e mantenere la calma nonostante l’incertezza. Il momento appena prima del via è elettrizzante, tutto il lavoro fatto fuori dalla barca viene ripagato in quel momento. Non è il tempo dell’orologio. È il tempo del battito cardiaco. In questo contesto, nelle regate costiere gli ultimi due minuti sono sicuramente i più intensi per me. Nelle regate d’altura sono sempre stato affascinato dalla notte. Dà un vero senso di avventura, la barca sembra più veloce, devi combattere la stanchezza e spingere i limiti del tuo corpo e della tua mente. Il tempo sembra sempre scorrere più lentamente e si prova una sensazione speciale.

Tecnologia, prestazioni e ricerca sui materiali. Secondo lei, sono questi i valori che la vela agonistica condivide con un marchio come Richard Mille?
La filosofia della ricerca e dell’innovazione continua accomuna la vela agonistica e Richard Mille. La vela a questo livello presenta sfide in termini di progettazione dello scafo, dinamica dei foil, materiali delle vele e strumenti di bordo. Richard Mille è all’avanguardia in questo campo con l’uso di Carbon TPT leggero, nanofibre e rotori a geometria variabile, materiali nati dalle tecnologie da competizione. È questo spirito di miglioramento incessante che mi attrae del marchio.

Quale aspetto di un marchio come Richard Mille l’affascina di più?
La sua architettura e ingegnosità. Prendiamo ad esempio l’RM 60-01 Regatta, che presenta una lunetta con rosa dei venti. Una novità assoluta nell’orologeria meccanica e uno strumento di navigazione pratico. Al di là dell’estetica, c’è un’autentica integrazione tra funzionalità e design audace.

Richard Mille è noto per il suo approccio non convenzionale. Si riconosce in questo approccio?
Assolutamente sì. La vela significa rompere gli schemi: design innovativi, nuovi materiali compositi e strumentazione basata sui big data. Richard Mille non segue la tradizione per il gusto di farlo, ma innova. Io cerco di avere lo stesso atteggiamento, guardando al futuro e pronto ad abbracciare nuove soluzioni.

C’è un orologio Richard Mille che considera speciale, magari perché legato al ricordo di una regata importante?
L’RM 60-01 Regatta è un orologio eccezionale. La lunetta con bussola, il cronografo flyback e le funzioni di conto alla rovescia sono tutte progettate pensando alle regate. L’ho indossato durante importanti eventi offshore come la Transat Jacques Vabre e la Fastnet Race, dove queste funzioni sono preziose.

Come è nata la sua passione per la vela e quando ha iniziato a praticare questo sport?
Ho iniziato a navigare nel 2010 a bordo del Tuiga (1909), l’ammiraglia dello Yacht Club de Monaco. Quell’esperienza ha fatto nascere in me la passione per le regate d’altura. Da allora, ho navigato su VOR70, MOD70, IMOCA, GC32 e TP52; ho vinto la regata Palermo-Montecarlo, la Giraglia Cup e la regata Cape-to-Rio; e sono arrivato terzo nella Fastnet Race e nella Middle Sea Race ho vinto la Line Honors.

C’è un velista in particolare che continua ad essere fonte di ispirazione per lei?
Sono affascinato da molti velisti, da quelli dei secoli passati a quelli dei tempi moderni. Ad esempio, mi interessano molto alcuni antenati della nostra famiglia che hanno combattuto in battaglie incredibili, come l’ammiraglio de France Rainier I nel XIII secolo e suo figlio Carlo I, che hanno navigato da Monaco alla Bretagna per numerose lunghe campagne estive contro gli inglesi sul Canale della Manica, senza mappe, senza bussola e senza previsioni meteorologiche, rischiando la vita e navigando in condizioni molto difficili. Sono anche affascinato dalla storia di Magellano e dalla sua folle determinazione a trovare e doppiare Capo Horn. In tempi moderni, Eric Tabarly è una fonte di ispirazione perché sono cresciuto ascoltando i racconti delle sue imprese. Considero anche Jimmy Spithill una vera leggenda, autore della più grande rimonta nella storia dello sport, che ha dimostrato al mondo la sua determinazione d’acciaio. Poi c’è Giovanni Soldini, che è come un mentore, e, ultimo ma non meno importante, François Gabart, che è davvero una fonte di ispirazione.

Ha partecipato a diverse regate d’altura, alcune delle quali insieme a Giovanni Soldini. Ne ricorda una in particolare?
Navigare con Giovanni Soldini è stato uno dei momenti salienti della mia esperienza nelle regate d’altura. Una di quelle che ho amato di più è stata la RORC Transatlantic Race, dove ho potuto vedere con i miei occhi la sua incredibile abilità marinaresca, il suo intuito tattico e la sua incrollabile determinazione nelle condizioni più difficili. Il modo in cui gestisce la squadra e mantiene tutti concentrati è davvero notevole. Durante quella regata abbiamo affrontato condizioni meteorologiche difficili e scelte tattiche impegnative, ma la leadership di Giovanni, la sua calma e la sua profonda conoscenza della navigazione d’altura hanno fatto davvero la differenza. Non si trattava solo di competizione, ma anche di imparare e superare i propri limiti. Mi ha lasciato un ricordo indelebile e ha rafforzato la mia passione per le regate d’altura.

Qual è la sua regata ideale? D’altura o costiera? E perché la preferisce?
Le regate d’altura hanno un fascino speciale. Sono complesse orchestrazioni di navigazione, sistemi meteorologici, turni di guardia e gestione delle attrezzature. Mentre le regate costiere sono più tattiche, quelle d’altura sono più impegnative perché mettono alla prova la resistenza, la strategia, il lavoro di squadra e la resilienza per giorni o settimane. Per me, l’Admiral’s Cup unisce entrambi i mondi alla perfezione. Combina brevi regate costiere nel Solent con lunghe tappe d’altura e culmina nell’iconica Fastnet Race. È un mix perfetto. L’unicità di questo evento è che riunisce in una sola competizione le infinite declinazioni che compongono il concetto di regata. L’Admiral’s Cup concentra in pochi giorni tutto ciò per cui i velisti si preparano per anni.

Oggi la vela ha subito una profonda trasformazione con l’avvento dei foil. Basta guardare cosa è successo nell’America’s Cup e in altre competizioni. Qual è la sua opinione al riguardo? Rappresenta un nuovo modo di vivere e praticare questo sport?
Il foiling ha trasformato completamente il nostro rapporto con il vento e l’acqua. Con velocità che superano i 30 nodi, un maggiore senso di instabilità e atletismo, ha trasformato la vela in uno sport estremo. L’America’s Cup e il circuito GC32 hanno dimostrato la validità di questo concetto. È un capitolo completamente nuovo nella vela. Ciò che mi entusiasma di più è il suo impatto sulle giovani generazioni. Sta attirando giovani velisti di incredibile talento, offrendo loro un percorso verso le regate ad alte prestazioni e garantendo il futuro del nostro sport.

Lo Yacht Club de Monaco è particolarmente attivo nella vela. Dalla Primo Cup al Team Malizia, che compete nelle più importanti regate d’altura del calendario. A questo proposito, oltre alla vela, il Team Malizia promuove un’importante iniziativa, My Ocean Challenge. Qual è l’obiettivo di questo programma?
My Ocean Challenge è l’iniziativa educativa del Team Malizia che combina vela, scienza e divulgazione. A bordo dell’IMOCA Malizia-Seaexplorer raccogliamo dati oceanici (CO₂, temperatura, salinità) che vengono condivisi con banche dati globali come SOCAT per sostenere la ricerca sul clima. Allo stesso tempo, porta anche strumenti e workshop multilingue di Ocean Literacy nelle scuole e nei club velici. Ad oggi, ha coinvolto oltre 75.000 bambini, ispirando la prossima generazione a prendersi cura e proteggere i nostri oceani.

Come velista, qual è il suo sogno?
Beh, in questo momento è vincere l’Admiral’s Cup (l’intervista è stata registrata subito prima della partenza, ndr)

In qualità di vicepresidente dello Yacht Club de Monaco, ci sono progetti in cantiere per consolidare la presenza del club nel mondo della vela?
Sì, oltre al Team Malizia, abbiamo lanciato iniziative di formazione come La Belle Classe Academy e ottenuto l’accreditamento RYA per sostenere e guidare i giovani talenti della vela. Siamo anche profondamente impegnati nella nautica sostenibile, attraverso il SEA Index® e la Monaco Energy Boat Challenge, dedicata ai giovani ingegneri, per rafforzare il ruolo di Monaco all’avanguardia nell’innovazione marittima.
Matteo Zaccagnino
