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Portraits: Studio BorromeodeSilva

Due amici che si conoscono sin da quando sono piccoli, le cui strade professionalmente si dividono – anche se entrambi nel frattempo crescono nel mondo dell’automotive – per poi incontrarsi di nuovo e intrecciarsi, dando vita nel 2010 allo studio di design BorromeodeSilva. 

Carlo Borromeo and Fabio de Silva

È così che Carlo Borromeo e Fabio de Silva hanno realizzato il loro sogno, portando a bordo sin da subito il product designer Filippo Sgalbazzi. «Il nostro inizio è stato simile a quello di una startup: avevamo un piccolo ufficio e lavoravamo in tre su quella che, ancora adesso, è la mia scrivania», ricorda Carlo Borromeo, direttore creativo dello studio. «Abbiamo avuto la fortuna di trovare sin da subito ottimi clienti: abbiamo cominciato a collaborare con Garage Italia e, grazie a loro, siamo arrivati alla Ferrari, che abbiamo aiutato nella creazione del suo sistema di tailor made. Piano piano ci siamo ingranditi ed è arrivato Marco Biancullo, giovane ed estroso stilista. Il nostro è uno studio abbastanza atipico, con una gestione familiare e un turnover di dipendenti molto basso: la squadra – composta attualmente da 14 persone, compresi due stagisti – è pressoché la stessa sin dall’inizio, perché – come siamo soliti dire, ridendo – alla BorromeodeSilva la gente arriva e non se ne va mai». Una realtà relativamente giovane, quindi, ma con un’identità ben definita: si posiziona, infatti, a metà tra l’automotive e il product, con un pizzico di comunicazione. 

il product designer Filippo Sgalbazzi e lo stilista Marco Biancullo

Specializzati nel restomod – trend dell’automotive che pratica restauri non conservativi (il nome deriva dalla contrazione di restauro e modifica, ndr) – il loro successo più grande è stato la Lancia Delta Futurista, prodotta da Automobili Amos. «È stato un esercizio culturale», spiegano Marco Biancullo e Filippo Sgalbazzi. «Abbiamo sublimato l’idea di quella macchina e cercato di capire che cosa risvegliasse nella testa della gente, come azionasse la nostalgia in chi la guardasse: abbiamo preso quei valori e abbiamo dato loro la massima espressione che eravamo in grado di rendere». 

L’incontro con la nautica, invece, è avvenuto in maniera fortuita. «Iniziare subito con grandi aziende è stato molto importante, ma abbiamo dovuto firmare talmente tanti patti di riservatezza che per anni siamo stati quasi invisibili», sottolinea Borromeo. 

«Nel 2016, finalmente, abbiamo avuto spazio per portare avanti iniziative personali e ci siamo concentrati su un oggetto che ci rappresentasse. Abbiamo quindi disegnato, sviluppato e realizzato in studio (passando direttamente dal digitale al prodotto finito) una canoa in carbonio che tuttora rappresenta il manifesto di come intendiamo il bello: una commistione di qualità stilistica, tradizione e tecnologia spinta, sia nei materiali usati sia nelle tecniche di progettazione».

Il risultato è stato ottimo: la Monocoque Paddle Canoe ha fatto il giro del mondo su Internet, è valsa l’assegnazione del premio norvegese di design Land Rover Born Awards nel 2017 e la segnalazione nell’ADI Design Index per il Compasso d’Oro, ma soprattutto ha portato i primi contatti con il mondo della nautica. A partire da Vita Yachts, gruppo internazionale con sede nel Regno Unito e cantiere sul Lago Maggiore che realizza imbarcazioni totalmente elettriche. «Per loro abbiamo disegnato un runabout di nove metri, un 10 metri dotato di una piccola cabina e ora stiamo lavorando a un prodotto più di massa: un gommone, sempre elettrico ovviamente», racconta Fabio de Silva, il general manager dello studio. «Tutto quello che facciamo per la nautica è elettrico o a propulsione umana, quindi totalmente sostenibile. All’inizio è semplicemente capitato, a posteriori però possiamo affermare che non poteva essere altrimenti: esistono realtà che si nutrono, respirano e vivono di barche; per noi è stato naturale specializzarci in una nicchia oltretutto nuova, dove può essere utile arrivare con meno preconcetti su quello che deve essere un’imbarcazione. Possiamo dire che noi abbiamo trovato una nicchia, ma un po’ anche che la nicchia ha trovato noi». 

Attualmente alla BorromeodeSilva stanno lavorando a una riedizione moderna, in carbonio, del gozzo tradizionale per alcuni clienti toscani e non escludono di poter disegnare uno yacht a vela, un giorno. Un sogno, sottolineano, cui però vorranno arrivare eventualmente per gradi, perché ora preferiscono concentrarsi su quello che sanno fare meglio: mezzi più piccoli, tra i 7 e i 10 metri, più vicini come concetto alle automobili. 

La mostra “Hypercars” tenutasi al Museo Ferrari Maranello nel 2019 e progettata dalla BorromeodeSilva.

Due settori diversi, quelli delle barche e delle auto, ma con punti in comune. «Sono due mondi paralleli che possono apprendere l’uno dall’altro», continua Carlo Borromeo. «La nautica deve imparare dall’automotive la qualità progettuale e costruttiva e la tecnica, mentre l’automotive deve imparare dalla nautica a realizzare prodotti speciali, perché un aspetto veramente eccezionale dello yachting è l’insuperabile capacità di costruire oggetti tailor made. 

Le macchine, anche se di nicchia, sono comunque prodotti standardizzati che poi vengono adattati al proprietario; uno yacht, invece, viene realmente costruito attorno all’armatore. Ed è questo è il vero lusso». Come vedono il futuro alla BorromeodeSilva? «Vogliamo continuare a lavorare con marchi che puntino a fare qualcosa di diverso e a scommettere su progetti nuovi e innovativi», concludono. 

La Spiaggina

«Crediamo molto, inoltre, nello storytelling: il prodotto è diventato un tutt’uno con la comunicazione dello stesso; i brand devono diventare content creator e generare occasioni per costruire la propria storia e comunicarla. Infine, auspichiamo un mondo in cui la nautica diventi un po’ più accessibile, con imbarcazioni piccole ma costruite meglio. Speriamo in un Risorgimento della barca che faccia vivere realmente il mare: l’elettrico è una strada ottima per arrivarci». 

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