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Harry Miesbauer: da ingegnere meccanico ad affermato yacht designer 

“Trasmettere emozioni. Questo è il nostro lavoro, spiega Harry Miesbauer, perché acquistare una barca è al cento per cento una questione di emozioni. Per questo non sono per il tutto digitalizzato. Devi essere umano”.  (Qui tutti i nostri post su Frauscher).

Harry MiesHarry Miesbauerbauer

Uno studio a Como

Il sole che entra dalle vetrate dello studio nella corte di un antico palazzo nella Città Murata di Como, sottolinea gli stucchi del soffitto. “Se fossero stati fatti con una macchina, sarebbero tutti perfettamente uguali. Freddi. Invece sono fatti a mano, con piccoli difetti, per questo hanno anima, e sono caldi”. Per Harry Miesbauer, austriaco di nascita (“Abbastanza italianizzato” sottolinea) la progettazione navale è arrivata dopo nove anni da ingegnere meccanico alla direzione di un’azienda di Salisburgo. “Facevamo apparecchi e impianti di lettura di carte elettroniche”. Poi, un giorno, sfogliando una rivista di vela, l’occhio cade su un’inserzione dell’università di Southampton che promuove corsi di yacht design. 

Harry Miesbauer

Harry Miesbauer: voglia di cambiamento

“In azienda sopra di me avevo solo il proprietario. Nessuna possibilità di carriera. Potevo tranquillamente arrivare alla pensione!”. Invece la passione per la vela nata da bambino, le tante regate, anche a livello internazionale e in molte classi, continuava a scavare. “Mi sono licenziato e sono andato a Southampton. A metà del corso cercavo dove fare uno stage nella pausa estiva delle lezioni. Luca Brenta era tra gli studi più importanti. Ho telefonato. Lorenzo Argento mi ha detto: vieni. 

Harry Miesbauer

Early days in yacht design

Finito lo stage, mi ha detto: appena laureato torni qui. Sono entrato nel 1998. “Con Luca e Lorenzo mi sono trovato subito benissimo grazie anche all’esperienza da ingegnere. Kenora, il Wally di 32 metri varato nel 1999, è stata la prima barca su cui ho lavorato”. 

Dopo Brenta, il trasferimento nello studio di Germán Frers da senior designer e coordinatore tra design team e cantiere. “Ho lavorato su Amer Sport One, una delle due barche di Nautor Challenge alla Volvo Ocean Race 2001/2002 e alla sfida svedese del 2003 ad Auckland. Quella vinta da Alinghi. La soluzione progettuale ai tempi era mettere più peso possibile nel bulbo e avere la barca più stretta possibile per vincere la bolina e girare in testa alla prima boa. Poi, in poppa, ti difendevi”.

Tutta un’altra storia rispetto a oggi…

Harry Miesbauer

Harry Miesbauer e la Coppa America

Quanto ho visto la regola di stazza degli AC75 con un monoscafo, senza chiglia, che volava solo sui foil mi son detto son matti. Poi, visti volare, ho detto: chapeau. Ma il format delle regate non mi piace molto. E poi non credo che tutta la ricerca fatta avrà una ricaduta sulle barche normali, quelle che usi con amici e famiglia. Una volta era diverso. E credo che oggi la parte del progettista la facciano i programmatori dei software che gestiscono foil e tutto il resto.

Harry Miesbauer

L’apertura del suo studio

Torniamo alla storia. Dopo Frers il ritorno come socio nello studio Brenta. Infine, nel 2007, nasce /H/arry Miesbauer Yacht Design, con sede principale in Italia, a Como. Perché questa scelta?

L’Italia perché qui si trova sempre una soluzione a qualsiasi problema. Nessuno ti dice: no, questo non si può fare. È per questo che esiste il design italiano. Como perché è una bella città, vicina a Milano, la capitale del design, e a tre aeroporti, e ha il lago. 

Prima in altri studi e poi in prima persona, dal 1990 ha firmato moltissimi progetti. Cosa è cambiato nel modo di progettare?

Il materiale da presentare al cliente. Anni fa bastavano le classiche tavole col piano velico, quello di coperta, degli interni. Oggi servono rendering esterni, rendering degli interni, visioni 3D. Moltissimo materiale. E poi una volta il progettista faceva tutto…

E oggi no?

Noi facciamo tutto, strutture comprese. Oggi, specie se la commessa è di un cantiere, c’è chi fa lo styling esterno, chi l’interno, chi le carene, chi le strutture. Per me si perde il senso della progettazione. E se cambi una virgola, con tutta quella gente divisa in tanti settori, sorgono mille problemi. Se gestisci tutto direttamente arrivi più veloce al prodotto finale.

Harry Miesbauer
Frauscher 1414 Demon

Harry Miesbauer e Frauscher 

Sempre in tema di progetti dopo moltissime barche a vela, è arrivato il motore…

Nel 2012 mi ha telefonato Michel Frauscher. I nostri padri andavano in barca assieme. Mi ha chiesto di disegnare per lui. Avevo qualche timore nel passare dalle carene di barche a vela a quelle di motoscafi. Ma alla fine è nato il Frauscher 848 Fantom. Un successo. Da allora firmo tutta la flotta. Abbiamo avuto molte nomination e nel 2019 con il Frauscher 1414 Demon Air abbiamo vinto il Best of Boats Award.

Harry Miesbauer
Frauscher 1212 Ghost

Anche nella vela non sono mancati i premi…

Sì, l’ultimo è il Gold A’Design Award assegnato allo Scuderia 65 costruito a Fano da Adria Sail. Un progetto, quello di Hagar V, per un armatore appassionatissimo di regate. Si è rivelato più veloce dei VPP. Una volta a bordo, sembra di essere su una deriva, ma di 20 metri, ho visto 21 nodi. Ma in un trasferimento hanno raggiunto i 28.7 nodi. 

Mai lavorato nel mondo dei grandi yacht a motore?

No. Non mi ci vedo a mettere pesantissime lastre di marmo a bordo di una barca. Va contro il mio modo di immaginare le barche. Mi si spezzerebbe la matita!

Harry Miesbauer

Disegnare a mano

La matita…?

Sì, sono tornato a disegnare a mano. Non certo le carene, ma la parte estetica. Il disegno ti esce meglio. Sei più veloce a trovare la soluzione. Sul computer non riesci e un rendering è sempre senza anima. La matita trasmette emozioni. Ho sempre una matita in tasca. 

Harry Miesbauer

C’è una barca ideale nel cassetto?

Certamente, ma cambia ogni mattina con le nuove idee che mi sono venute. È come con le tue aspirazioni. Si evolvono. Parlando di vela, penso a barche ancora più leggere, e non solo di peso ma anche a livello estetico. Come il 75 Explorer su cui stiamo lavorando. 

Un logo come firma

Troviamo una firma nei suoi progetti? 

Si, sulle barca a vela, a prua, sulla linea della bellezza, c’è il mio logo: /H/. Ma, a parte questo, sempre una certa leggerezza, una certa bellezza che, anche dopo anni, faccia dire all’armatore: quella è la mia barca ed è bella. Per questo nei colloqui di lavoro al candidato chiedo cos’è la bellezza e cosa è l’eleganza e sa andare in barca. In questo lavoro è indispensabile. 

Ultima domanda. Cosa sceglie tra forma e funzione?

Una volta mi piacevano i dieci principi del buon design elencati da Dieter Rams: estetica, utilità, durata, dettagli e tutto il resto. Alla fine però era solo design, molto rigido, molto tedesco. E per me non c’è solo il bianco o il nero. Nel nostro lavoro ci vuole anche l’emozione. La vita è anche colore.

I used to like the ten principles of good design listed by Dieter Rams: aesthetics, utility, durability, details and everything else. But in the end it was just design, very rigid, very German. And for me there is not only black and white. We also need emotion in our work. Life is also colour.

Emilio Martinelli

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