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Philippe Briand

Se si considerano anche tutti gli Jeanneau e i Bénéteau delle flotte Sun Odyssey e First, le barche disegnate da Philippe Briand sono più di dodicimila.
Una cifra importante, ma non così strana per uno yacht designer nato a La Rochelle, la culla francese della vela, per di più da un padre olimpico di Dragone, e che ha sempre avuto la vela e la competizione nel sangue.

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«Ho capito quando ero molto giovane che per vincere una regata non bastava essere bravi, bisognava anche avere la barca migliore», ha raccontato in una recente intervista. «Così ho cominciato a interessarmi alla tecnologia degli yacht e allo yacht design. Vincere non mi bastava, volevo trovare anche il modo ottimale per farlo».
Ha cominciato a disegnare barche a 11 anni, poi a 16 la grande occasione: la possibilità di disegnare un IOR Quarter Tonner per un cantiere. «Si trattava di un 25 piedi in legno disegnato per un cantiere di Alicante», spiega Briand, «il progetto funzionò e vinse alcune regate, tanto che ne furono costruite ben 11 unità».

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Due anni dopo Philippe va a bottega da Pelle Peterson, mostro sacro della vela e dello yacht design svedese, e qui viene introdotto al mondo dell’America’s Cup che tanto condizionerà la sua carriera.

Nel 1978 apre il suo studio, che oggi ha sede nel quartiere londinese di Chelsea. Da quel momento i suoi progetti sono stati un trionfo continuo.

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Briand è tra i pochi progettisti ad aver firmato scafi per l’America’s Cup: tra il 1986 e il 2000 disegna otto sfidanti alla Coppa compresi French Kiss e Ville de Paris. La sua fama cresce e arriva la prima commessa per un megayacht da diporto: Il 44,7 metri Mari-Cha III, cui seguirà qualche anno dopo, il 42 metri in carbonio Mari-Cha IV che nel 2003 stabilisce, con sei giorni, 17 ore e 52 minuti, il record tutt’oggi imbattuto della traversata atlantica.

03_3756D � Th.Martinez,CHERBOURG, FRANCE ,  13/08/03  "MARI-CHA IV" First sailing , in Cherbourg.
03_3756D � Th.Martinez,CHERBOURG, FRANCE , 13/08/03
“MARI-CHA IV” First sailing , in Cherbourg.

Ma Briand non è uno che si siede sugli allori. È sempre alla ricerca di nuove sfide tanto che, ammette candidamente: «Amo la competizione. Non solo quella in mare, ma anche quella al tavolo da disegno che è quella da cui traggo maggiori motivazioni. Mi capita spesso di guardare le barche e pensare: “mi piacerebbe disegnarne una migliore”. A seconda dei progetti i miei focus possono essere le performance, il comfort o l’eleganza. Ma il mio obiettivo resta lo stesso: disegnare qualcosa che riesca a migliorare ciò che è già stato progettato», conclude.
Oltre ai due Mari-Cha, tra le sue barche a vela più famose vanno senza dubbio ricordate Vertigo, il Perini Navi P2, Whimsy, Inoui, Bristolian II, Gliss e Sybaris, il Perini Navi di 70 metri presentato all’ultimo Monaco Yacht Show.

La sua sfida più grande però è stata senza dubbio quella legata al brand Vitruvius, motoryacht dalle linee aerodinamiche e affusolate, caratterizzati dal largo uso di vetro, un’abitudine che negli ultimi 15 anni ha contraddistinto molte delle creazioni di Philippe Briand.

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«Progettare un motoryacht era una sfida con cui non ci eravamo mai cimentati», spiega Briand, «ma quello che ci è parso subito evidente era che perché questa sfida avesse successo bisognava che disegnassimo qualcosa che fosse davvero fuori dagli schemi». Il risultato è stato Exuma, il primo yacht della serie Vitruvius. «Siamo stati molto fortunati con il nostro primo motoryacht», spiega ancora Briand. Nel 2006 eravamo al Salone di Monaco con un modellino e l’armatore ne fu subito attratto. Entrò immediatamente in sintonia con la filosofia  che si nascondeva dietro al progetto e ci capimmo al volo. Si trattava di uno yachtsman esperto che aveva all’attivo già un giro del mondo a bordo di uno yacht a motore. Mi disse “devo essere completamente pazzo per dare fiducia a un designer che non si è mai cimentato con i motoryacht!”. Però lo fece. Oggi Exuma ha percorso più di 75mila miglia intorno al mondo senza problemi e noi siamo diventati amici».

I progetti futuri per la serie Vitruvius sono tanti. C’è l’80 metri in costruzione da Turquoise, ma anche un 60 metri per Feadhip e un 105 metri per Oceanco. E poi c’è il progetto per un trawler di 25 metri con un cantiere francese.

Nuova v40

Barche importanti per cantieri famosi, ma Briand e il suo team non si montano la testa: «I superyacht sono la nostra vetrina, ma la maggior parte della nostra attività è legata alle barche di serie, prevalentemente quelle del gruppo Bénéteau. Abbiamo oltre 30 modelli in costruzione e nonostante i megayacht siano fondamentali per studiare e testare le nuove tecnologie, noi restiamo prevalentemente designer di barche di serie. Anche in questo campo la sfida è sempre aperta, perché in definitiva la vera sfida è dentro di noi», conclude.

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