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Ritratti: Lucio Micheletti

Lucio Micheletti è un artista prima ancora che un architetto. Le sue installazioni urbane e le sue sculture sono state esposte in tutto il mondo, dalla Biennale di Venezia all’Art Basel Miami. Nella nautica è arrivato da grande, a 47 anni. Il suo è stato un percorso anomalo, viene dal design delle auto e all’università ha avuto come maestro Achille Castiglioni.

Il mondo nautico l’ha vissuto con rispetto, ma con la volontà di rileggerlo, senza vincoli storici. Nei 10 ani che sono passati da allora, pur parlando sommessamente, ha fatto sentire la sua voce. Così come era già riuscito a fare (e sta facendo ancora) dopo aver progettato per il mondo dell’auto e per l’architettura abitativa, gli alberghi e i teatri. Parlare del suo lavoro non gli viene naturale. «Direi che amo muovermi nelle aree del silenzio, nelle pause tra le note, là dove il suono si fa spazio. Dagli spazi ristretti delle auto fino ai volumi galleggianti delle barche, ai teatri. In un mondo così rumoroso, adoro quel senso di sospensione, di ricerca».

Come dire che il silenzio crea un’area dove prima si può lavorare, e che dopo serve a incorniciare il suono. Per lui tutto il lavoro progettuale e creativo inizia da uno schizzo, da un’idea. Il disegno è un punto di partenza: «come uno spartito dove ciò che conta sono il senso spaziale e la sua articolazione». L’arte gli ha insegnato che non è solo questione di seguire un percorso progettuale, ma di raggiungere un equilibrio, un ordine, un ritmo, un’armonia insomma. 

“Non avere paura della perfezione, non la raggiungerai mai”, amava dire Salvador Dalì. Forte di questo credo, alla Micheletti + Partners non la cercano: «accettiamo le imperfezioni come un segno distintivo di quello che siamo realmente. Cerchiamo di plasmare volumi, dialoghiamo con i colori, parliamo con i materiali e mettiamo tutto in equilibrio. Questa è la nostra vera sfida. L’equilibrio, non la perfezione».

Il suo lavoro da architetto non è un cammino solitario e silenzioso, ma più un dialogo continuo con i diversi personaggi coinvolti. Anche perché lo studio fondato dall’artista milanese fornisce prodotti custom seguendo il cliente, costruendo intorno a lui un percorso progettuale. «Con il Baltic 142 Canova (la sua più recente opera, ndr) sono stato fortunato: ho trovato un armatore preparato e un uomo straordinario. Abbiamo intrapreso un percorso comune: è iniziato in bianco e nero per poi colorare la barca piano piano, lavorando insieme sul disegno e sul senso spaziale».

The Baltic 142 Canova

Hanno coinvolto tutti i tecnici, hanno spezzato i problemi esaminandoli uno alla volta, spiegando che design dell’esterno e spazio interno convivono all’insegna di un’unica visione di stile. «Qualche ostacolo ogni tanto ci ha aiutato ad aumentare la consapevolezza dei nostri limiti, ma il regalo più grande che ci siamo fatti è stato abituarci a superarli».

The Baltic 142 Canova photo by Jeff Brown

Si dice che l’arte sia un talento e il design un’abilità. Secondo Lucio l’arte contemporanea ci aiuta a osservare i fatti della vita da altre prospettive, è un’occasione per capire noi stessi. Il design è la parte razionale dell’arte, ha un percorso diverso, ma la stessa anima. Complicato è fare la cosa giusta, capire ciò che si deve togliere e quello che si deve aggiungere. «Quando disegnavo oggetti per l’auto pensavo che la forma fosse secondaria alla funzione, ma non è esatto. Nelle barche tutto quello che ci circonda è disegnato e se è disegnato bene o male fa la differenza su come ci sentiamo. Vivere nel benessere vuol dire semplificare e arrivare a un concetto di comfort profondo». 

The Baltic 142 Canova photo by Jeff Brown

Per mostrare il Canova ha realizzato un modellino in marmo. Ha voluto unire i due mondi: l’arte e la nautica. Per realizzare la barca ha studiato dettagli e volumi, ma la parte più difficile è stata renderla dinamica. «Quando progetto barche, lavoro con il carbonio, con l’alleggerito. Uso materiali nobili, naturali, ma sempre alla ricerca della leggerezza. Quando invece parlo di arte penso che la sua forza sia nella pesantezza. Vedo l’arte come oggetto architettonico, dove prima di essere decorazione, ha la funzione di portare i carichi a terra». Allora perché non realizzare una scultura che riprenda il lavoro svolto, i volumi tracciati, i calcoli ripassati? Una scultura in marmo che immortala questo lavoro. Una semplice opera ricavata dal vento e dal mare. La leggerezza del messaggio è esaltata dalla pesantezza del materiale. Canova è il nome della barca. Vento è il nome dell’opera.

L’IceCat Seventy-two

In 10 anni Micheletti ha visto cambiare il modo di progettare. Anche nelle barche a vela sta cambiando il rapporto con il mare, la nuova forma delle barche, i nuovi disegni della poppa e della tuga si aprono al blu, in una relazione diretta fra interni ed esterni. La continua evoluzione del lifestyle e del progresso tecnologico ha permesso di avere un approccio nuovo verso l’ambiente marino. Design integrato, savoir faire, materiali hi-tech, innovazione e sostenibilità, questi sono i temi che stanno guidando l’architetto e il suo studio nella nautica.

Il Solaris 68

Ha cominciato con barche lunghe 60’ per disegnarne poi una grande più del doppio. Ma ogni barca ha un suo comfort dinamico e assoluto, ha un suo stile. Ogni barca ha una storia a sé, indipendentemente dalle dimensioni. Così come la dinette in un 60’ è il corridoio di casa, il soggiorno, il luogo dove tutti passano e che tutti vedono, in una dimensione maggiore diventa più nobile, ampia luminosa ma rimane lo spazio dove tutti si relazionano, passano e si fermano. Le dimensioni più generose fanno rileggere gli spazi, ma non cambiano il percorso progettuale. «Si deve sempre inseguire la purezza della luce, vivere l’armonia di linee e volumi, disporre della tecnologia, senza che si mostri con invadenza. Ma il segreto è aggiungere emozione all’ambiente, se questa non emerge allora vuol dire che non sto facendo il mio lavoro»

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