Bisogna osservare con i propri occhi. Solo così si riescono a comprendere le chiavi di lettura che hanno portato a fare certe scelte. Come quella compiuta da Enrico Gobbi che nel 2005 ha deciso di aprire il suo studio non in un posto qualsiasi, ma a Venezia, nella sua città, in quella che un tempo era l’area portuale su cui sorgevano i magazzini.
Proprio qui Gobbi dopo la laurea in architettura all’Università IUAV di Venezia, il master in yacht design in California e il tirocinio nello studio Nuvolari Lenard, ha deciso d’insediarsi per iniziare il suo percorso nel mondo dello yacht design.
E non poteva essere altrimenti. L’acqua è un elemento ricorrente. Ma nel caso di Enrico Gobbi testimonia la volontà di sottolineare il contributo della scuola veneziana dello yacht design. Una corrente di pensiero creativa che ha proprio in Team For Design una delle migliori interpretazioni.
Il segreto del successo di questo studio risiede nell’approccio che sin dall’inizio ha voluto dare Enrico Gobbi. Una capacità di osservazione che pur rimanendo saldamente nel perimetro dello yacht design non rinuncia a esplorare altri mondi.
Automotive e architettura diventano così i due settori di riferimento cui attingere e grazie ai quali nasce un linguaggio stilistico che si ritrova in tutti i suoi progetti.
Barche del calibro di Flying Dagger, Utopia IV, Endeavour II, Vellmar e Paraman Jamuna IV solo per fare alcuni esempi. «Il car design condivide molti elementi con lo yacht design» osserva Gobbi.
«Sono mondi riferiti alla progettazione di oggetti dinamici dotati di movimento e come tali devono rispettare anche requisiti di aerodinamica e quindi essere interpreti di un concetto di forma fluida nel quale il tema delle proporzioni assume un ruolo centrale».
C’è poi il tema dell’architettura. «Le fonti d’ispirazione sono rappresentate dai progetti di maestri come Frank Lloyd Wright, Ludwig Mies van der Rohe, o Richard Meier» prosegue Gobbi che aggiunge: «Le loro opere superano il concetto di architettura e sconfinano in quella che definirei una forma d’arte architettonica. Tutte le volte che mi capita di osservarle scopro e leggo sempre qualcosa di nuovo che può essere un dettaglio o un particolare. La loro forza ed energia sta proprio nell’essere immuni al tempo e restare sempre di grande attualità».
Contenuti, quelli architettonici, che sono sempre più presenti anche nello yacht design. Il tema delle grandi finestrature oggi rappresenta il filo conduttore di un nuovo modo non solo di pensare e progettare ma anche di vivere uno spazio su una grande barca.
«L’oggetto barca negli ultimi 20 anni ha subito un radicale processo di trasformazione perché sono cambiate le priorità legate agli stili di vita a bordo. Una tendenza che si è accentuata e oggi ha come priorità la ricerca di nuovi spazi e soluzioni da abitare», commenta Gobbi.
E così le zone a poppa si svuotano per accogliere aree da vivere a contatto con il mare. «La vera sfida è continuare a evolversi in questa direzione. Nel progetto di Alfa siamo andati ben oltre. E abbiamo escogitato il modo di rendere vivibile quello spazio anche in navigazione» osserva Gobbi, «in alcuni casi il limite sta nella fruibilità di queste aree solo con barca alla fonda.
Abbiamo dunque abbracciato l’idea di estendere il concetto di beach area su buona parte della zona di poppa ripensandola su più livelli. In questo modo anche con la piattaforma chiusa questo ambiente diventa piacevole da vivere». In tal senso l’altra grande novità riguarda la zona dell’armatore che è stata rivista nei volumi. In questo caso l’idea nuova è stata non limitarsi ad adottare una soluzione widebody, ma concepire una sezione prodiera che, all’altezza della cabina armatoriale, diventa bombata.
«In questo modo» prosegue ancora Gobbi «oltre a guadagnare in volumetria abbiamo raggiunto l’obiettivo di creare due balconi panoramici e, in aggiunta, abbiamo ricavato a prua lo spazio per una lounge en plein air dedicata all’armatore» ragiona Gobbi. La vera scommessa è restare sotto le 500 GRT su una dimensione importante come quella dei 50 metri. Anche perché quando si progetta la libertà di espressione e di pensiero oltre a confrontarsi con le richieste dell’armatore dbisogna tener conto degli standard di sicurezza e dei parametri fissati dagli enti di classificazione.
«Inoltre» continua Gobbi «la tendenza in atto vede un utilizzo sempre più spinto delle superfici vetrate che si sviluppano a murata non solo a tutta altezza, ma anche per tutta la lunghezza senza soluzioni di continuità. Tutto questo» aggiunge Gobbi «obbliga noi designer a un cambio di mentalità nel ripensare ambienti come le zone living. Ambienti che oggi si presentano il più delle volte privi di complementi d’arredo che sarebbero invece utili per alloggiare piatti, bicchieri e altro ancora» conclude Gobbi.
Un fronte quest’ultimo che ha in Carlo Lionetti direttore dello studio e insieme a Enrico Gobbi anima di Team for Design, un importante punto di riferimento. Una tesi di laurea nella quale ha approcciato il progetto di conversione di due traghetti ACTV (la compagnia dei trasporti pubblici di Venezia) Lionetti vanta una solida esperienza nella progettazione di imbarcazioni da diporto. «Il mio ruolo si è definito attorno alla visione nautica del progetto» racconta Lionetti. «Senza rinunciare alla voglia di osare e sperimentare nuove soluzioni bisogna sempre tenere in considerazione che ogni progetto deve seguire logiche funzionali che siano applicabili in un perimetro ben definito come è quello di una barca.
Per fare un esempio» continua Lionetti «la continuità tra ambienti interni ed esterni senza interruzioni o barriere è ormai diventata una prerogativa imprescindibile. Questo vuol dire aver eliminato le mastre che delimitano il confine tra ambiente esterno e spazio interno ed escogitare anche una nuova soluzione per collocare la griglia della raccolta dell’acqua all’interno di un livello unico.
All’apparenza sembrano passaggi semplici ma nella realtà implicano studi e ricerche approfondite» conclude Lionetti. Tutto ciò implica la capacità di poter attingere a competenza e specializzazioni ben definite senza però perdere di vista la visione d’insieme del progetto. In poche parole un lavoro di squadra. Ecco perché nel nome dello studio la parola team ha un peso rilevante.